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Carlo Gualandri: «La barca a vela come un modo di essere nella vita»

La barca a vela è un modo di essere. Chi pensa che si tratti solo di uno sport è lontano dalle esperienze che i veri appassionati
fanno in mare. Esperienze fatte di convivenza, relazioni, regole da rispettare e lezioni da prendere dagli altri e dalla natura.
Carlo Gualandri, fondatore della startup fintech Soldo, lo ha scoperto 15 anni fa, quando dal windsurf è passato a salire
in barca. E poi, come da suo carattere, da semplice allievo è diventato in cinque anni istruttore. Così da un paio di lustri
c’è un appuntamento che non manca mai: la prima settimana di luglio come istruttore al Centro Velico Caprera in Sardegna.
Gli unici sette giorni all’anno in cui spegne il cellulare e diventa irraggiungibile, perché quel tempo è dedicato ai ragazzi
tra i 16 e i 19 anni, alla loro «iniziazione».

Una settimana in cui le giornate iniziano in mare alle 6 di mattina e finiscono alle 11 di sera tra una bolina e un poggiare
per trasmettere a una nuova generazione una passione in un confronto coltivato non solo a base di randa, rollafiocco e scotta,
ma anche di esperienze, domande, dubbi sul futuro. Perché i ragazzi a quell’età si guardano intorno curiosi e spauriti e decidono
cosa essere da grandi. E in quell’essere da grandi ci può stare anche il velista, come modo di vivere. Perchè andare in barca
a vela ha delle regole, che vanno rispettate anche nella sregolatezza e nella ribellione adolescenziale se si vuole andare
in sicurezza. Quindi ci sta la battuta, lo scherzo, ma avendo sempre presente che ci vuole coscienza di sé e degli altri.

E così Carlone, questo il nome di battaglia di Gualandri, fra una battuta, una regola e un racconto, diventa un punto di riferimento
per questi adolescenti approdati a Caprera “solo” per una settimana di vela. Allo stesso tempo, però, lui si arricchisce perché
ha potuto rimanere a contatto con quell’età che di sfide continue e ha imparato a conoscerla e a confrontarcisi prima ancora
che ci arrivassero i suoi figli e dopo che questi ultimi l’hanno archiviata per andare oltre, trovando la loro strada nel
mondo. Così Gualandri non ha smesso di farsi domande, come fanno loro, e di guardare al futuro sognandolo e realizzandolo
poi con il suo lavoro.

La vera soddisfazione è tornare anno dopo anno e trovare lì i ragazzi cresciuti a cui si è insegnato anni prima. Trovarli
lì con quella passione che lui gli ha trasmesso al loro battesimo della vela, tanto che c’è chi ammette: «Carlone, tu sei
stato il primo a farmi capire che potevamo amare la vela». D’altra parte, come dice Gualandri, «per una settimana siamo un
equipaggio» e questo non si scorda mai.

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