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Deutsche Bank, la mina del clearing sulla «grande fuga» da Londra

Deutsche bank, che prima della grande crisi si vantava di essere la più grande banca al mondo per assets, ora è la numero
uno solo in Germania, calata al quindicesimo posto su scala mondiale preceduta, con suo grande scorno, dalle due rivali
francesi Bnp Paribas e Crédit agricole. Il suo prezzo in Borsa è crollato dell’80% dai tempi d’oro pre-crisi ma dal 2008 anche
il suo bilancio è stato ridimensionato da 2.200 a 1.400 miliardi e con esso anche i rischi sono scesi, sforbiciati i portafogli
in derivati OTC, Level 2 e Level 3 assets. Il tempo però resta tiranno, Brexit incombe, il rischio di una Hard Brexit o
No deal Brexit è reale e dietro l’angolo.

Il neo amministratore delegato Christian Sewing, oggi a Milano, è pressato da azionisti grandi e piccoli, stakeholders, dagli
oltre 95mila dipendenti e anche da supervisori e vigilanza per fare in fretta: vanno sciolti velocemente tutti i nodi legati
alle esposizioni e posizioni sulla piazza londinese per via di Brexit e al tempo stesso va aumentata la redditività, riportato
il bilancio saldamente in utile, va tagliato l’elevato rapporto costi/ricavi, migliorato il business model al passo con digitalizzazione
e fintech, va rafforzata la posizione in casa e, nelle mire della Grande Coalizione guidata da Angela Merkel, vanno riconquistati
rapidamente i mercati mondiali per servire meglio la clientela corporate tedesca.

La vigilanza SSM/Bce in particolar modo punta il faro sul clearing dei derivati OTC a Londra. E anche DB sa che non deve correre
il rischio di farsi trovare impreparata di fronte a una Hard Brexit, nel caso in cui non potesse più liquidare centralmente
presso la London Clearing House i derivati della sua clientela europea. DB ha posizioni aperte in derivati OTC con flussi
per un valore attuale (present value) di 348 miliardi in entrata e 276 in uscita, post netting pari a 72 miliardi. Così
Sewing ha già annunciato di aver iniziato a chiudere i nuovi derivati OTC presso la clearing house tedesca Eurex: per ora
è un risparmio di costi, perché la cassa di compensazione tedesca è più conveniente meno della LCH. Le posizioni aperte su
LCH non verranno rinnovate man mano che scadranno ma i tempi rischiano di essere biblici e i supervisori hanno le antenne
alte, e non solo su DB. Altra questione è quella del booking, gli impieghi.

«Abbiamo annunciato l’anno scorso che avremmo usato Francoforte e non più Londra come booking hub per la nostra clientela
corporate sull’inestment banking e questo significa spostare asset da Londra a Francoforte – ha puntualizzato ieri in una
nota Sewing – un processo in corso vigilato dai supervisori». Un processo che potrebbe trasferire fino a 600 miliardi di attivi
dalla City a Francoforte in un arco temporale di tre-cinque anni. Sewing però ha anche precisato che in attesa di sapere cosa
sarà Brexit, d’accordo con i supervisori, l’operatività nella City of London resterà con filiale e non con una holding come
negli Usa. La creazione di una holding assorbe inizialmente capitale ma poi si è in grado di assorbire meglio i rischi nel
caso di problemi, per esempio, proprio sui derivati impigliati nelle maglie londinesi.

Sewing è multitasking ma oltre a gestire i rischi deve gestire gli azionisti, che pretendono redditività, utili e dividendi.
E deve dare ascolto a Berlino dove i politici iniziano a premere per la riconquista della scena internazionale del banking
tedesco. Per uscire dalle secche, una fusione con Commerzbank consentirebbe a DB di aumentare il portafoglio della clientela
Pmi Mittelstand e soprattutto i depositi retail, che sono altrimenti blindati per il 70% nei pilastri invalicabili delle Sparkassen
e banche cooperative. «Non prima di 18 mesi», ha fatto sapere Sewing in merito a Commerzbank: prova a prendere tempo, ma il
tempo gli è tiranno.

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