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Hai un’auto di lusso? L’Agenzia potrebbe inviarti un avviso di accertamento

Le auto di lusso possono diventare anche una prova di evasione fiscale. O mancata dichiarazione di tutti i redditi percepiti. Lo sostiene l’amministrazione finanziaria, confortata in questa sua opinione anche da una recente sentenza della Corte di Cassazione.

Partiamo dai fatti. Nel 2008, l’Agenzia delle Entrate ha notificato un avviso di accertamento a un contribuente, rettificando il reddito dichiarato dallo stesso perché ritenuto incongruo rispetto al suo stile di vita. In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha rivisto verso l’alto il reddito, basando le sue valutazioni sintetiche sugli immobili posseduti dal contribuente e sulla sua auto. Secondo gli addetti dell’Agenzia delle Entrate, il reddito dichiarato dall’uomo non era compatibile con il possesso di una vettura lussuosa e non erano presenti altre entrate che potessero giustificarlo. Insomma, il contribuente aveva in qualche modo omesso di dichiarare parte del suo reddito.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale, sia la Commissione Tributaria Regionale avevano però accolto il ricorso del contribuente, sostenendo che l’Agenzia delle Entrate non avesse dimostrato in maniera adeguata l’inattendibilità della dichiarazione dei redditi. Insomma, per la CTR il solo possesso di un’automobile di lusso (e le spese di gestione derivanti) non era sufficiente a dimostrare un reddito più elevato di quello dichiarato. Secondo i giudici dei primi due gradi di giudizio, infatti, il contribuente aveva assolto al suo onere probatorio dimostrando che la proprietà di immobili era frutto di eredità e della cessione di altri terreni di sua proprietà.

In fase di ricorso alla Cassazione, per, l’Agenzia delle Entrate è stata in grado di dimostrare che l’accertamento sintetico (conosciuto anche con il nome di “redditometro“) è stato invece utilizzato in maniera adeguata, riuscendo a ricostruire in maniera induttiva l’effettivo maggior reddito del contribuente. Secondo la vecchia normativa, infatti, il possesso di un cosiddetto “bene-indice” lascia presupporre l’esistenza di una capacità contributiva utile all’acquisto di quegli stessi beni (in questo caso, un’auto di lusso).

Inoltre, il contribuente avrebbe dovuto dimostrare, anche prima dell’accertamento, che il maggior reddito fosse il risultato di redditi esenti da tasse o soggetti a ritenuta alla fonte sotto forma di imposta. Come accertato dagli Ermellini, e sancito dall’ordinanza n. 26672 del 21 ottobre 2019, il contribuente avrebbe dovuto agire in questo senso, dimostrando in precedenza che gli immobili e le autovetture di lusso fossero stati acquistati con redditi esenti da tassazione.