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Amazon Aws, Microsoft e Google: la guerra delle nuvole arriva in Italia

Quello del cloud è una partita muscolare. Contano i numeri, i server, la tecnologia e anche le distanze. Amazon Web Services,
la nuvola di Jeff Bezos che da sola vale il 60% degli utili operativi del gruppo ha annunciato martedì che porterà i proprio
datacenter in Italia. Parliamo di almeno 900mila server che verranno accesi all'inizio del 2020. Tra i primi quattro del mercato
come Microsoft, Google e Alibaba, Amazon è il primo che decide di aprire in Italia raggiungendo così quota 19 Paesi nel mondo.
Ibm invece ha portato qui da noi il suo primo datacenter nel 2015.

Per Amazon si tratterebbe di tre Availability Zones” (centri di calcolo) tutti localizzati nella zona di Milano. “Per una
azienda italiana avere un datacenter sul territorio vuole dire potere contare su latenza più bassa e sulla certezza di potere
mantenere il controllo completo sulla posizione dei loro dati” commenta a Nova-Il Sole 24 Ore Miguel Avala, capo della divisione
South Europe di Amazon Aws. Bassa latenza vuol dire per il manager servizi più efficiente in particolare nel settore delle
transazioni elettroniche legati all'e-commerce o per le startup del fintech. Ma anche per alcuni settori della pubblica amministrazione,
parliamo di quelle che gestiscono infrastrutture più critiche che chiedono di avere una parte dei dati residenti sul proprio
territorio. Secondo Roberta Bigliani vice president Europe del centro di ricerca Idc, Robera, l'Italia non è refrattaria a
questa tecnologia, anzi. “Nei prossimi 12 mesi – scrive – stimiamo che un ulteriore 15% delle aziende italiane adotterà il
cloud”. L'accelerazione c'è stata negli anni scorsi ma rispetto ad altri Paesi il nostro non può certo dirsi un early adopters.
«So che molte imprese chiedono di avere parte dei dati vicini, sotto controllo – spiega – ma sono convinto che quando manca
un regolamento specifico è più una questione piscologica che attiene alla natura umana». Come dire, avere tutto vicino e a
portata di mano può essere utile. In questo senso la mossa di Amazon vuole rendere ancora più piccante la war cloud tra i
colossi cino-californiani che controllano questo mercato. Presente in dal 2012 Amazon questo business lo conosce bene. Secondo
Gartner a livello globale è leader del public cloud nella declinazione Iaas (Infrastructure as a Service) con il 51 % contro
il 13% di Microsoft e il 4 di Alibaba e il 3 di Google. In termini di giro d'affari il terzo trimestre di Amazon Aws ha fatto
segnare un + 46% e un fatturato di 6,7 miliardi di dollari. In un certo senso è la Juventus di questo campionato che è rischia
però di riguardare pochissimi attori. Secondo Synergy Research Group la crescita dei ricavi di Microsoft, Google e Alibaba
ha superato di gran lunga il tasso di crescita del mercato. Se guardiamo agli ultimi dati le prime quattro nuvole stanno crescendo
sempre di più a svantaggio dei fornitori di piccole e medie dimensione. In corsa c’è anche Ibm che settimana scorsa ha dato
una scossa a tutto il settore acquisendo per 37 miliardi di dollari Red Hat il più grande distributore del sistema operativo
Linux e l'ultimo grande alfiere dell'open source. Il matrimonio con Red Hat poterà a Ibm non solo una comunità di sviluppatori
larghissima ma anche un posizionamento neutrale rispetto a chi di mestiere punta a offire servizi a 360 gradi dentro alla
propria nuvola. Accanto ai servizi di intelligenza artificiale Watson-centrici, Ibm di mestiere fornisce sia hardware che
software alle società per costruire i propri cloud privati . E ha anche un'offerta di cloud pubblico di terze parti. A differenza
però di Amazon, Microsoft e Google, Big Blue è una nuvola che si muove più lentamente, cioè non ha dalla sua gli investimenti
miliardari in server dei concorrenti. La partita però ora potrebbe cambiare. Imsomma, quella che è stata subito battezzata
come la mossa del Pinguino non cancella un dato di realtà di questo mercato: le prime cinque nuvole nascono lontano dall'Europa
e viaggiano sempre più veloci. Recuperare terreno, per l'industria tecnologica del Vecchio Continente è diventato quasi impossibile.

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