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Aumento Iva, come evitarlo salvando l’ambiente

Una delle conseguenze più temute della crisi di Governo è l’aumento dell’Iva, ormai il “tormentone” di questa estate.

In attesa di conoscere la sorte del Governo, se finirà a breve o durerà ancora per portare a termine i provvedimenti più urgenti, rimane l’incognita che pesa più di tutte su famiglie e imprese: l’aumento delle aliquote Iva per lo scatto automatico delle clausole di salvaguardia.

Dal 2011, i governi hanno fatto ricorso ogni anno alle cosiddette clausole di salvaguardia per garantire la stabilità di bilancio e il rispetto dei vincoli europei. Le clausole prevedono l’aumento automatico delle aliquote Iva a copertura delle spese, ma tutti gli anni sono state neutralizzate trovando altre coperture finanziarie. Dal 2011 a oggi, ogni manovra ha funzionato in questo modo, stanziando delle risorse per scongiurare il temuto aumento delle aliquote.

Quest’anno, però, la situazione è particolarmente complicata per due motivi: il primo è la somma necessaria ad evitare gli aumenti, ben 23,1 miliardi di euro, la più alta degli ultimi anni, prevista dalla legge di Bilancio dello scorso anno; il secondo è appunto la crisi di Governo che rischia di mandare l’esecutivo in esercizio provvisorio, se si andrà ad elezioni anticipate in autunno, con la conseguenza che non si farà in tempo ad approvare la manovra economica  e il governo provvisorio dovrà limitarsi agli atti di ordinaria amministrazione. Questo significa impossibilità di stanziare le somme per evitare l’aumento dell’Iva, operazione già difficile di per sé.

Se non saranno trovate delle soluzioni, il 1° gennaio 2020 scatteranno le clausole di salvaguardia e gli aumenti dell’Iva: l’aliquota ordinaria oggi al 22% salirebbe al 25,2%, quella ridotta dal 10% al 13%. Un incremento che potrebbe avere un effetto devastante sui consumi.

Mentre si studiano le soluzioni per evitare questo infausto scenario, con le associazioni di consumatori, imprenditori, artigiani e commercianti sul piede di guerra – il Codacons ha annunciato lo sciopero dei consumi -, vengono avanzate delle proposte sul reperimento delle risorse necessarie ad evitare l’aumento dell’Iva.

Una di queste è quella di intervenire con una riforma fiscale ecologica che aiuterebbe a recuperare somme importanti, non solo per coprire gli aumenti Iva ma anche per ridurre, almeno in parte, le tasse sul lavoro. Si tratta di un progetto ambizioso e complesso, dal quale potrebbe trarne un importante giovamento l’economia italiana insieme all’ambiente, proposto qualche anno fa dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea).

Questa complessa riforma fiscale prevede l’introduzione di tasse ambientali e la rimozione di sussidi ritenuti impropri. Proposte, peraltro, contenute anche nel dossier presentato di recente dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che prevede il taglio degli incentivi antiecologici come quello sul gasolio, che paga un’accisa inferiore rispetto alla benzina.

Per alcune categorie non saranno misure indolori, tuttavia saranno importanti per la tutela dell’ambiente e molto utili nel reperimento delle risorse necessarie ad evitare l’aumento dell’Iva e finanziare anche altri provvedimenti. Con la riforma fiscale ecologica si conta infatti di reperire circa 25 miliardi di euro.

Tra i provvedimenti proposti nell’ambito di questa riforma ci sono gli aumenti delle tasse sulle sulle risorse naturali e sulle emissioni, impiegando il gettito generato sia per evitare gli aumenti dell’Iva, ma anche ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e finanziare gli investimenti pubblici nella green economy.

Allo stesso tempo, le tasse ambientali avranno l’effetto di disincentivare abitudini e comportamenti inquinanti, portando benefici all’ambiente. Anche l’Iva potrebbe essere ripensata, aumentando l’aliquota per quei beni e servizi con impatto ecologico.

Una riforma fiscale del genere porterebbe numerosi vantaggi, ma occorre un’ampia visione soprattutto a lungo termine per realizzarla.