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Brexit, le startup preparano il piano B per lasciare Londra

Londra resiste, ma le altre città europee hanno tutta l’intenzione di giocarsela. Brexit sta aprendo anche nel mondo delle
startup la questione: restare o andare? Il problema si pone soprattutto per le startup del fintech, che operando nei servizi
finanziari potrebbero aver bisogno di un “passaporto europeo” nel caso di una Brexit più hard. E così, di fronte alle incertezze, Satispay ha deciso di trasferire la sede in Lussemburgo, considerata la piazza migliore per i servizi dedicati al retail. Nel caso
dei servizi per gli istituzionali, invece, il regolatore più adatto sembra essere quello irlandese e molte startup stanno
preparando un piano B per spostare la sede a Dublino.

«Siamo partiti da Londra nel 2015. Dopo sei mesi avevamo bisogno di fatturare ed essendo i fondatori residenti in Italia abbiamo
deciso di aprire anche a Milano per trasparenza. Da allora abbiamo due sedi e due regolatori di riferimento» spiega Tommaso
Migliore di MDOTM (si veda pezzo in pagina), che prosegue: «Ad oggi non lasciamo Londra perché i vertici delle istituzioni
finanziarie con cui operiamo restano nella City almeno per i prossimi 12-18 mesi. Poi si vedrà. Abbiamo comunque un contingency plan che prevede il trasferimento a Dublino nel caso la situazione si complichi».

Chi ha provato a trasferire la sede in Italia è invece Freetrade, che lo scorso anno ha raccolto 1,1 milioni in 12 giorni sulla piattaforma Crowdcube. «Abbiamo tentato di trasferire la sede a Milano quest’anno ma abbiamo desistito per motivi normativi e per cultura digitale
dei Millennials. Rimaniamo a Londra per il momento e guardiamo per il futuro a Dublino o Amsterdam» spiega Davide Fioranelli,
fondatore nel 2016 della startup con Adam Dodds e Andre Mohamed.

Dal fintech all’advertising digitale. «Brexit non ha alcuna impatto negativo per una società come la nostra che ha sede sia
a Londra sia a Milano» commenta Carlo De Matteo, ceo di Myintelligence, che prosegue: «Londra rimane un centro importante
per la nostra industria. Da Brexit potremmo avere anche dei vantaggi a livello di struttura di gruppo perché il costo del
lavoro in Gran Bretagna, per via della sterlina debole, per noi è più contenuto considerato che il nostro fatturato viene
realizzato in tutta Europa».

Nessuna intenzione di lasciare Londra neanche per Bekudo: «La casa di Bekudo è Londra. Qui abbiamo potuto beneficiare di una burocrazia leggera e di costi molto bassi per avviare
la nostra impresa. La situazione del Regno Unito è incerta, ma vogliamo dare fiducia al governo del Paese e al sindaco di
Londra. Resteremo qui, almeno finché le condizioni lo permetteranno. Il tipo di relazioni che si intessono qui, il livello
di cultura imprenditoriale e tecnologica, il respiro internazionale e l’incontro tra oriente e occidente sono ancora fortissimi»
commenta Emma Perrotta, co-founder e ceo della startup, che ha sviluppato una piattaforma dedicata al mondo dei freelance.

E proprio l’ecosistema londinese rende complesso spostarsi in un’altra città. Secondo la classifica degli hub europei pubblicata
ieri da EU-startups, Londra resta saldamente al primo posto seguita da Berlino e Parigi. Ed è proprio la Francia a contendere il primato alla Gran Bretagna: dei 3,6 miliardi di euro
investiti in startup europee nel corso del 2018, secondo una ricerca di Tech.eu, Stripe e Techstars, il 24,59% è andato a
società innovative britanniche e il 24,04% a francesi e c’è già chi scommette in un sorpasso il prossimo anno anche per l’impegno
profuso da Euronext nel favorire investimenti in società tecnologiche.

Resta il fatto, però, che Londra rimane la meta per le startup europee per incontrare gli investitori. «Londra sta reagendo alla complessità derivanti dalla Brexit diventando sempre di più centro di riferimento per l’innovazione
fintech e circular, più semplicemente è il centro di competenza per le startup – ha affermato Alberto Mancuso, direttore generale
della filiale hub londinese di Intesa Sanpaolo. «Per questo in collaborazione con l’Innovation Centre presentiamo nella nostra
sede londinese le startup più promettenti a possibili investitori, finanziatori e business partner internazionali».

I numeri parlano chiaro, ha detto Vincenzo Antonetti, capo dell’innovazione di Intesa Sanpaolo Innovation Centre International Network: «Londra ospita 17 delle Top 50 fintech internazionali e rimane la capitale europea del venture capital. Negli ultimi tre
anni i VC londinesi hanno raccolto più capitali di Francia e Germania messe assieme». Non a caso, ha aggiunto Antonetti, i
giganti tech mondiali come Amazon, Apple e Google hanno confermato il loro impegno a lungo termine nel Paese, Spotify ha annunciato che amplierà la sua attività di R&S nella
capitale britannica e che raddoppierà il suo organico, Facebook ha confermato che creerà altri 800 posti di lavoro per la
sua nuova sede locale. «In sintesi, Londra si conferma hub dell’innovazione europeo nonché principale gateway globale tra
Europa, Usa e Cina e ha le expertise per mantenere questo trend» ha concluso.

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