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Con Draghi in arrivo una nuova patrimoniale? La “ricetta” di Confindustria

Una nuova patrimoniale in arrivo? Per quanto Mario Draghi non abbia certo bisogno di consigli dal mondo economico, è probabile che asseconderà, almeno in parte, le richieste di Confindustria su diversi fronti, compreso quello di un certo orientamento nella ridefinizione delle imposte.

Il piano di Draghi

L’obiettivo del neopremier è provare a ricucire i partiti attorno a tre punti: nessun aumento del carico fiscale, progressività del sistema e lotta all’evasione. Quanto al capitolo patrimoniale, “parlarne non deve essere un tabù” ha detto il vice presidente di Confindustria Emanuele Orsini, dato che nell’ordinamento ne abbiamo già 17 in vigore. Il punto non è quindi introdurre “la” patrimoniale, ma ripensare quelle che ci sono già.

“Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”, ha detto Draghi al Senato: è quindi probabile che l’ex capo della Bce cancellerà i bonus o comunque li ripenserà in maniera piuttosto radicale. E poi toccherà a una revisione profonda dell’Irpef, nell’ottica della semplificazione e razionalizzazione. Ma è difficile immaginare che Draghi sceglierà la patrimoniale come strumento per il taglio dell’Irpef, anche se tutto potrebbe accadere.

Le priorità di Confindustria

Dopo l’audizione alla Camera, davanti alle Commissioni riunite delle finanze, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma Irpef, in un intervento sul Messaggero il vice di Confindustria Orsini è tornato sulle criticità e sulla necessità di cambiamento del fisco. Senza dubbio in un’ottica di semplificazione e sburocratizzazione. Direzione che chiede, da tempo, anche Bruxelles.

Il fisco è una leva decisiva per la ripartenza dell’Italia, questo il concetto di fondo. Un fisco nuovo, meno pesante su imprese e cittadini e più efficiente nel metodo e nei rapporti con l’amministrazione: obiettivo cercato, ma difficilissimo. “Questa volta però con il governo Draghi (a cui tutti noi come cittadini ed imprenditori guardiamo con fiducia) deve essere raggiunto. Confindustria continuerà ad impegnarsi con determinazione per cambiare il fisco, per sostenere il lavoro e la ripresa dell’economia” ha detto Orsini.

Come dovrebbe cambiare l’Irpef

Oggi l’imposta principale del nostro ordinamento, l’Irpef, “sembra uscita dal bisturi del Dr. Frankenstein: parti estranee e incoerenti, tenute l’una all’altra solo dal filo ideale di tassare il reddito personale. Su questa creatura deforme servono interventi chirurgici di miglioramento” ha sottolineato il vice di Confindustria.

Innanzitutto serve intervenire sul perimetro. La base imponibile è stata svuotata negli anni da un numero impressionante di imposte sostitutive. I regimi sostitutivi, piccoli o grandi, sono almeno 12 e per l’Irpef trasformano l’eccezione in regola di sistema. Va quindi aperta una riflessione su quali mantenere e su come coordinarle con il regime ordinario, tenendo come punto di riferimento i principi cardine dell’equità e della capacità contributiva.

Dipendenti e pensionati insieme fanno l’87% dei contribuenti Irpef e versano circa l’81% dell’imposta totale, continua. “Ricadere nella progressività dell’Irpef vuol dire essere soggetti a molteplici distorsioni, dal nostro punto di vista particolarmente gravi, che vanno corrette. I punti di debolezza più gravi sono la tassazione effettiva e l’opacità del sistema”.

Con i meccanismi attuali un lavoratore dipendente che cerca di guadagnare un euro in più rischia di intascare al netto delle tasse pochi centesimi o al limite anche di peggiorare la situazione economica complessiva della propria famiglia, perdendo bonus e detrazioni. “Questo non è certo quello che potremmo definire un sistema che incentiva al lavoro e alla produttività”.

Le proposte di Confindustria

Che fare, dunque, per ripensare in toto il sistema? Da tempo Confindustria sostiene alcune idee cardine:

  • creare meccanismi di favore fiscale anche per i lavoratori dipendenti, come la detassazione dei premi di risultato o la normativa fiscale del cosiddetto welfare aziendale
  • semplificazione e riduzione della giungla di agevolazioni in cui i contribuenti faticano a districarsi per lasciare solo un ristretto numero di incentivi strutturali (“Le agevolazioni hanno un senso se vivono abbastanza da consentire la loro implementazione e fruizione, senza abusi, e se hanno un’intensità tale da smuovere i comportamenti desiderati. Come il Superbonus 110%, misura “potente e utile, ma che andrebbe estesa e rafforzata, anche consentendone l’accesso alle imprese, semplificando l’iter applicativo e la normativa sottostante”)
  • abrogazione definitiva dell’Irap, cosa che renderebbe il sistema più semplice e attrattivo per nuovi investimenti
  • modifiche anche alla tassazione del reddito d’impresa
  • ripensamento della patrimoniale
  • ridefinizione del rapporto fisco-contribuente in un’ottica di fiducia reciproca e di chiarezza.