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Dichiarazione redditi 2023, quali sono quelli da non inserire

Come deve essere compilata, correttamente, la dichiarazione dei redditi? Quali importi posso evitare di inserirvi, senza che l’Agenzia delle Entrate mi contesti un qualsivoglia ammanco? Può essere un po’ ridondante e ripetitiva, come tipo di domanda, ma poniamola molto chiaramente: quali sono i redditi, che non devono essere inseriti nella dichiarazione dei redditi?

Il Modello 730 o il Modello Redditi Persone Fisiche sono lo strumento attraverso il quale i contribuenti dichiarano i propri redditi. È necessario assolvere a questo adempimento con scadenza annuale: con la pubblicazione di questo documento, ogni singolo soggetto indica all’amministrazione finanziaria quali redditi ha percepito e le imposte che deve pagare.

A normare il comportamento, che devono tenere i contribuenti, ci ha pensato l’articolo 3 del DPR n. 917/86, il quale prevede esplicitamente che tutti i residenti in Italia sono sottoposti alla tassazione dei redditi mondiali, mentre i non residenti sono tenuti alla sola dichiarazione dei redditi di fonte italiana. Questa regola, comunque, ha alcune eccezioni. La normativa tributaria italiana prevede, infatti, che alcune tipologie di reddito non debbano essere inserite all’interno della dichiarazione dei redditi. Scopriamo quali sono.

Indice

I redditi esclusi ed esenti Irpef

I redditi, che sono esenti dalla tassazione Irpef e che, come tali, non devono essere inseriti all’interno della dichiarazione dei redditi, sono più di quelli che si possa pensare. Tra i redditi esentati ci sono:

  • pensioni, indennità ed assegni di accompagnamento;
  • assegni erogati a ciechi, sordomuti ed agli invalidi civili;
  • pensioni sociali;
  • sussidi erogati a favore degli hanseniani;
  • rendite Inail, con l’esclusione dell’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta;
  • compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche inferiori a 7.500 euro;
  • pensioni spettanti per le menomazioni subite durante il servizio di leva in qualità di ufficiale;
  • pensioni spettanti per le menomazioni corrisposte ai Carabinieri ausiliari e coloro che assolvono il servizio di leva nella Polizia di Stato, nel corpo della Guardia di Finanza, nel corpo dei Vigili del Fuoco;
  • maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista dall’articolo 1 della L. 29 dicembre 1988, n. 544;
  • indennità di mobilità di cui all’art. 7, comma 5, della L. 23 luglio 1991, n. 223, per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative;
  • assegno di maternità, previsto dalla L. n. 448 del 1998, per la donna non lavoratrice;
  • pensioni erogate a persone divenute invalide nell’adempimento del loro dovere;
  • particolari borse di studio.
  • Casistiche particolari: il lavoro occasionale

    Esistono, inoltre, una serie di categorie di redditi, oltre a quelli che abbiamo appena citato, che sono esclusi dalla tassazione. Proviamo a vedere quali sono.

    Il Jobs act ha sottoposto a rivisitazione la disciplina del lavoro autonomo occasionale. Oggi come oggi, i contribuenti hanno ancora la possibilità di effettuare delle prestazioni lavorative di questo tipo, secondo quanto è stato disposto dall’articolo 2222 del Codice Civile. Questi compensi, comunque, devono essere sottoposti alla tassazione Irpef, nella categoria dei redditi diversi.

    Il lavoratore autonomo occasionale, in estrema sintesi, è colui che si è impegnato ad adempiere un determinato servizio o una particolare opera, in maniera del tutto occasionale. Non vi sono i requisiti della professionalità e della prevalenza. I redditi percepiti devono essere dichiarati nel quadro RL del modello Redditi PF o nel quadro D del Modello 730. In entrambi i casi deve essere recuperata la ritenuta d’acconto del 20% che deve essere stata applicata direttamente dal sostituto d’imposta.

    Ma quando questi redditi non sono soggetti a tassazione? Il contribuente non li deve inserire nella dichiarazione dei redditi quando, nel corso dell’anno, ha percepito dei compensi per lavoro autonomo occasionale inferiori a 4.800 euro. Nel caso in cui non siano stati percepiti altri redditi, il contribuente non è tenuto ad effettuare la dichiarazione dei redditi.

    Dichiarazione dei redditi: quando conviene presentarla

    Nel caso in cui il contribuente dovesse aver percepito dei redditi da lavoro autonomo al di sotto dei 4.800 euro – e non abbia percepito altri compensi – deve riflettere sull’opportunità o meno di presentare la dichiarazione dei redditi.

    Nel caso in cui il committente sia un soggetto, che ha applicato le ritenute fiscali, presentando la dichiarazione dei redditi si ha la possibilità di recuperare la ritenuta d’acconto del 20% subita. Il recupero, in questo caso, avviene con la formula del credito d’imposta, che può essere richiesto a rimborso od utilizzato in compensazione, attraverso un Modello F24. In questo caso, conviene presentare la dichiarazione dei redditi, per farsi rimborsare le trattenute effettuate sugli importi ricevuti.

    Gli aspetti previdenziali

    Discorso a parte è la questione previdenziale. Nel momento in cui si percepiscono dei redditi da lavoro autonomo, l’iscrizione alla gestione separata Inps diventa obbligatoria nel momento in cui il reddito annuo da queste attività superi i 5.000 euro. A prevederlo è il comma 2, articolo 44 del Decreto Legge n. 269/2003. Nel caso in cui si dovesse superare la soglia prevista, l’obbligo contributivo riguarda unicamente la quota di reddito eccedente.

    Quando si parla di prestazioni occasionali, non ci sono limiti oltre i quali scatta l’obbligo di apertura della partita Iva. Questa, invece, diventa necessaria ed obbligatoria, nel momento in cui l’attività assume i caratteri della sistematicità e della continuità, che concretizzano i requisiti dell’abitualità.

    Cos’altro deve rimanere escluso dalla dichiarazione dei redditi

    Non devono essere indicate nella dichiarazione dei redditi le retribuzioni non percepite, anche se sono presenti nel modello di certificazione unica. Non si è tenuti ad inserirvi le indennità di preavviso e le somme incassate come patto di non concorrenza. Queste tipologie di reddito sono esenti da eventuali imposizioni Irpef e devono, quindi essere escluse dalla dichiarazione dei redditi.

    Stesso discorso vale per il TFR, ossia il trattamento di fine rapporto, che è soggetto ad una tassazione separata e non a quella ordinaria dell’Irpef progressiva.

    Esclusi dall’imposizione Irpef sono anche particolari borse di studio percepite dal contribuente. Questo significa che le somme incassate a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, in generale, devono essere tassate come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Quindi, esse devono essere indicate nella certificazione unica ricevuta dal contribuente e devono essere indicati nel quadro C del modello 730 o nel quadro RC del modello Redditi.

    Dichiarazione redditi 2023, quali sono quelli da non inserire



    Fonte: it.123rf.com

    I compensi esclusi dalla dichiarazione dei redditi.