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Frode fiscale, il responsabile è sempre l’imprenditore

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Anche se la contabilità è tenuta dal commercialista, l’imprenditore è comunque responsabile della frode fiscale eventualmente architettata dal proprio consulente, salvo che riesca a dimostrare la totale estraneità ai fatti. Inoltre, lo stesso imprenditore risponde di bancarotta se il dissesto della società e il successivo fallimento è una diretta conseguenza del mancato pagamento delle imposte.

Questi, in sostanza i principi con cui la Corte di cassazione, con la sentenza n. 40100 del 6 settembre 2018, ha condannato un contribuente che non aveva pagato un significativo debito Iva ed era stato infine dichiarato fallito. La difesa aveva chiesto l’assoluzione del contribuente in quanto il cliente più grande dell’azienda non aveva saldato il suo debito. Inoltre aveva chiesto la condanna per il commercialista, considerato che le fatture giacevano presso il suo studio.

I giudici della Suprema corte però non hanno accolto la tesi della difesa e hanno precisato che, se da un lato il commercialista può certamente concorrere con l’imprenditore nella violazione tributaria qualora in modo abituale si riesca a dimostrare che è stato l’ispiratore della frode (indipendentemente da chi abbia beneficiato del comportamento criminoso), dall’altro in tema di reati tributari, l’imprenditore non può essere avulso dalla responsabilità soprattutto se non riesce nemmeno a dimostrare la propria estraneità al progetto criminoso ascritto al commercialista.

Infine, la richiesta della difesa non può essere accolta poiché, sempre secondo i giudici della Corte di cassazione, non può essere messo in relazione l’andamento aziendale negativo con la mancata soddisfazione di un significativo credito vantato verso un cliente.

Massimo D’Amico – Fisco 7