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L’innovazione in banca parte dalla piattaforma

Nessuno può farcela da solo! Tanto più che il digitale apre il mercato a player del tutto nuovi e per le banche non c’è più limite per potenziali partner o eventuali concorrenti. È questa la sfida 4.0 per la finanza. Nella partita dell’open banking le banche sono chiamate a cogliere le opportunità offerte da qualsiasi nuovo attore per sviluppare il proprio business. Ma anche per difendersi da nuovi soggetti – big tech in prima linea -, più friendly per i millennials, la fascia più digitale e meno bancarizzata. Ma anche le aziende chiedono velocità di risposta e servizi accessibili senza soluzione di continuità.

«L’obiettivo nell’immediato per le banche è l’efficientamento dei processi esistenti in termini di miglior bilancio costi-benefici – sostiene Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano -; ma sullo sfondo, e sempre di più, l’open banking è una grande opportunità per il miglioramento della qualità del servizio e per fare innovazione. Questo migliora l’immagine della banca e la sua reputazione nel tempo, soprattutto su quelle fasce di clientela, via via più importanti, più digitali e inclini all’innovazione». «Con l’open banking le banche cercano anche un aumento della revenue: pur nella consapevolezza di una generalizzata riduzione dei margini puntano a poter contare su una base maggiore di clienti cui fornire altri tipi di servizi», aggiunge Paolo Gianturco, partner Deloitte, Fintech & Fsi Tech Leader.

In un recente sondaggio Deloitte segnala che, se più del 90% dei manager bancari considera le piattaforme open come abilitatrici di nuovi sviluppi, solo il 58% ritiene la collaborazione con terze parti come un’opportunità e un terzo le ritiene una minaccia. «In linea teorica -prosegue Gianturco – c’è grande disponibilità alla collaborazione, ma si evidenziano diversi elementi che nella pratica frenano: in primo luogo la paura di non aver individuato un modello di business sostenibile che garantisca un giusto ritorno senza fagocitare i servizi della banca, ma rimangono anche questioni delicate come la “gestione” del cliente e la qualità dei servizi». D’altra parte gli aggregatori digitali di servizi rappresentano una minaccia per le banche: per Bain tra il 10 e il 20% del business degli istituti è a rischio disintermediazione. E il 63% dei clienti è pronto ad aprire i dati sui propri conti correnti ad altre banche, fintech o piattaforme in cambio di un’offerta migliore.

Di fatto gli aggregatori diventano un nuovo canale distributivo. «L’open banking è strumento di “nuova vicinanza”, di accessibilità– sottolinea Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategy and Entrepreneurship alla Sda Bocconi -: abilita un consolidamento di tipo infrastrutturale, consentito dalla tecnologia che permetterà di recuperare efficienza nel back office prima ancora che con i clienti». La “banca aperta” passa in primo luogo dalla tecnologia: gli istituti non possono più limitarsi a offrire prodotti ed eseguire transazioni, ma dovranno sempre più soddisfare al meglio le esigenze dei clienti. La tecnologia che permette il dialogo in maniera interoperabile sono le Api, le application programming interface che fanno parlare tra loro programmi diversi, in una sorta di “plug and play” tecnologico. Sistemi che rendono disponibili in tempi rapidi soluzioni diverse, anche di terzi, che soddisfino le esigenze del cliente. Anche delle aziende, che per esempio possono trovare un sistema in grado di individuare e gestire agilmente i bandi europei oppure accedere a prestiti anche fino a 250.000 euro in dieci minuti.

«La piattaforma – sottolinea Giorgino – è lo strumento che la banca può governare, attraverso cui alimentare quell’ecosistema in cui Fintech e società a forte contenuto di innovazione possono entrare in contatto e sviluppare nuove soluzioni che ottimizzano i processi operativi, la distribuzione e le modalità di gestione e di relazione con la clientela». Il modello piattaforma è quello che permette di offrire e confrontare soluzioni e servizi, rendendoli disponibili sotto forma di Api. «Laddove c’è un forte brand – commenta Gianturco – il marketplace proprietario può funzionare, ma in caso contrario diventa più efficiente il modello della piattaforma aperta a servizi diversi, anche di soggetti concorrenti».

In effetti l’evoluzione spinge le banche a muoversi rapidamente. I big spagnoli – Bbva e Santander – hanno sviluppato modelli a marketplace, con un maggior controllo del sistema ma minori capacità di rispondere al cambiamento. Stanno invece emergendo modelli davvero open, dove poter trovare anche soluzioni di terze parti e banche concorrenti: ed è forse questo il senso profondo dell’open banking, che si sintetizza nella “coopetition”, mix sapiente di competizione e collaborazione. «A vincere la sfida – conclude Carnevale Maffè – sarà chi saprà reinterpretare la banca-territorio, non più in termini fisici ma di ripensamento logico-organizzativo dei processi in modo che banche e imprese diventino più vicine».

MODELLI DI OPEN BANKING

Fabrick, l’infrastruttura è aperta

«È finita l’epoca dei servizi bancari monolitici, in cui un operatore fornisce tutte le soluzioni, basandosi solo sulla propria capacità di sviluppo. Emerge invece un nuovo approccio incentrato sull’apertura, che parte dal presupposto che le banche stesse devono poter consentire anche ad altri di usare i loro servizi e allo stesso tempo poter utilizzare servizi sviluppati da terzi se di qualità migliore, compresi quelli delle fintech. Ma anche del Big tech».

È questo il mondo che intravede Paolo Zaccardi, Ceo di Fabrick, la piattaforma nata in seno al Gruppo Sella che si pone come modello innovativo di collaborazione-competizione: «L’obiettivo è mettere a disposizione del cliente le soluzioni più all’avanguardia». «L’offerta di servizi diventa quindi modulare – prosegue Zaccardi -: ci sarà un player, per esempio Hype, l’app per la gestione del denaro via smartphone, che può mettere a disposizione di terzi alcune Api, come quelle per la gestione della moneta elettronica usate da Tim Personal». Fabrick è partita da poco con una proiezione di fatturato di 30 milioni per il 2018.

CyberDyne, l’ottimizzazione della liquidità

In un paese che fatica ad abbandonare il contante, la liquidità è un costo rilevante. Oggi una piccola startup di due pugliesi, “emigrati” in Abruzzo, promette di ridurlo drasticamente. «Il nostro software Kimeme sfrutta l’intelligenza artificiale per l’ottimizzazione delle scelte e dei processi – spiega Ernesto Mininno, ad e co-fondatore con Giovanni Iacca di CyberDyne -: nato per l’industria, ha avuto richiesta crescente nei servizi». CyberDyne ha partecipato a Officina Mps, il contest della banca senese per l’innovazione, arrivando terza ma “vincendo” la prosecuzione del progetto: un sistema di gestione ottimale del cash per i 2.800 bancomat di Mps. «Per ogni singolo Atm abbiamo studiato il profilo medio Atm come andamento dei prelievi mediante machine learning e il costo di ricarica: trasporto, rischi e costo di giacenza». La soluzione di CyberDyne «riduce del 20% i costi complessivi di ricarica per la banca, nell’ordine di alcuni milioni di euro l’anno». Ora se ne studia l’applicazione per l’ottimizzazione delle campagna di ma

OpenBankProject, una Api (open source) per tutto

Attenzione a non parlare di fintech: «Siamo abilitatori di soluzioni per l’open banking», specifica Luca Borella, country lead Italia di Tesobe, la startup berlinese al cui interno è nato OpenBankProject: «È un progetto open source rivolto alle banche per lo sviluppo della semantica con cui si relazionano all’ecosistema dell’open banking: forniamo componenti software che abilitano le banche a trasformarsi in portali di servizi in maniera più rapida». OpenBankProject mette in connessione una community di 8mila sviluppatori da tutto il mondo con le banche, partendo da un catalogo di 160 Api open source. In cinque anni hanno organizzato 60 hackathon in cui la community si mette a disposizione della singola banca – finora nessuna italiana – per risolvere problemi specifici con soluzioni operative in sandbox: la prossima sarà a fine luglio a Boston per Citizen Bank, istituto regionale Usa. «Il nostro valore aggiunto è la tecnologia con le Api e la community di developer», sintetizza Borella.

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