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Manovra, il costo per le imprese si riduce a 4,9 miliardi

Il costo della Manovra per le imprese si riduce a 4,9 miliardi dai 6,2 stimati inizialmente. Lo prevede l'Ufficio studi della CGIA, associazione che rappresenta PMI ed imprese artigiane del veneto, sul testo uscito dalla Camera, includendo già l'annunciata riduzione dei premi INAIL, anche se non ancora approvata, ed escludendo invece le misure introdotte dal Dl Semplificazioni, in particolare l'abolizione del Sistri ed il fondo garanzia per le PMI che non riescono a pagare i debiti alle banche per i mancati incassi dalla PA. Per queste due misure, peraltro, sono previste agevolazioni per una cifra non superiore ai 70 milioni di euro l’anno. C'è poi da tener conto delle modifiche attualmente in discussione a Palazzo Chigi e del fatto che nel testo della Legge di Bilancio attualmente in discussione al Senato, è stata introdotta la flat tax a favore dei lavoratori autonomi con ricavi inferiori a 65mila euro all’anno. Nonostante ciò, nel 2019 l’alleggerimento fiscale sarà di soli 331 milioni di euro.

Secondo le stime della CGIA il costo di 4,9 miliardi è ripartito per 3,1 miliardi a carico delle imprese non finanziarie e per 1,8 miliardi su banche ed assicurazioni. L'importo include anche l’aumento della deducibilità dell’IMU sui capannoni ed il ripristino delle detrazioni sulla formazione 4.0. Fortunatamente, le cose andranno decisamente meglio negli anni successivi: nel 2020 il sistema economico subirà una riduzione di prelievo pari a 1,7 miliardi e nel 2021 l’alleggerimento fiscale salirà a 2,2 miliardi

"Uno sforzo importante, ma non ancora sufficiente", ha affermato il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo, ricordando che "le aspettative degli imprenditori, in particolar modo in materia fiscale, sono state ampiamente disattese". "Senza contare che con la rimozione del blocco delle tasse locali prevista in manovra – sottolinea – c’è il pericolo che dal 2019 torni ad aumentare il peso dei tributi locali”.

"Un piccolo passo nella giusta direzione – sottolinea il Segretario della CGIA Renato Mason – che, comunque, rimane ancora del tutto insufficiente, anche se a regime il risparmio di imposta sarà di 1,3 miliardi di euro".

Blocco dell'IVA provvidenziale – Va ricordato che con la manovra 2019 è stato sterilizzato l’aumento dell’Iva per un importo di 12,6 miliardi di euro. Se ciò non fosse avvenuto, l’incremento delle aliquote non avrebbe avuto effetti diretti sulle imprese, anche se, molto probabilmente, i consumi sarebbero diminuiti ulteriormente, condizionando negativamente i ricavi, in particolar modo, dei lavoratori autonomi, degli artigiani e dei piccoli commercianti che vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie.

Spaventa lo spettro dell'aumento del carico fiscale a livello locale – Nel 2019 c’è ancora il pericolo di un eventuale aumento della tassazione locale. C'è da considerare infatti che tra il 2010 e il 2017 le manovre di finanza pubblica a carico delle Autonomie locali hanno comportato una contrazione delle risorse disponibili pari a 22 miliardi di euro. I più colpiti sono stati i Comuni. Se nelle casse dei Sindaci la “sforbiciata” ha raggiunto l’anno scorso gli 8,3 miliardi di euro, alle Regioni a Statuto ordinario le minori entrate si sono stabilizzate sui 7,2 miliardi. Le Province, invece, hanno subito una diminuzione delle risorse pari a 3,5 miliardi, mentre le Regioni a Statuto speciale formalmente non hanno sopportato alcuna contrazione, anche se lo Stato centrale ha imposto loro di accantonare ben 2,9 miliardi di euro. E’ chiaro che in questa situazione molti Sindaci saranno tentati dalla possibilità di aumentare le aliquote, offerta dalla rimozione del blocco delle aliquote dei tributi locali introdotto nel 2015 dal Governo Renzi. Secondo alcune stime, degli 8.000 Comuni presenti in Italia ben l’81% ha i margini per aumentare l’Imu sulle seconde case e addirittura l’85 per cento per innalzare l’addizionale Irpef. Non è da escludere, inoltre, che avendo aumentato la deducibilità dell’Imu sui capannoni, alcuni primi cittadini potrebbero essere tentati di innalzare l’aliquota di propria competenza, almeno fino alla soglia che non consente agli imprenditori di pagare di più di quanto realmente fatto nel 2018.
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