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Singapore, Lussemburgo e Usa Paesi pronti al futuro. Italia fuori Top 100

Quanto riesce l’Italia a garantire un quadro normativo flessibile e un ambiente stabile per il business, in grado di adattarsi
efficacemente alle grandi trasformazioni in atto? E quanto è in grado di avere una visione politico-economica proiettata sul
lungo periodo? Decisamente poco, stando alla specifica classifica del World Economic Forum, che non inserisce nemmeno il nostro
Paese tra i primi cento al mondo sulla base della loro capacità di proiettarsi verso un futuro in continuo cambiamento.

La competitivtà delle economie si gioca sempre più sul fronte della capacità di adattamento al cambiamento. Tanto più oggi,
in un’epoca in cui la velocità della trasformazione tecnologica imprime a tutti, persone e aziende, la necessità di adattarsi
in continuazione alle nuove tecnologie.

L’intelligenza artificiale, l’automazione, la mobilità, l’internet delle cose, la trasformazione digitale sono tutti elementi
che nei prossimi decenni sposteranno posti di lavoro e intere economie. Per questo la governance dell’attore pubblico diventa via via decisiva per il futuro di ciascun sistema paese. Purtroppo l’Italia da questo punto
di vista non è messa particolarmente bene!

Il World Economic Forum ha inserito la valutazione della capacità dei Paesi di essere preparati per il futuro tra il centinaio
di criteri per stilare il suo Global Competitiveness Index, l’indice che misura il grado di competitività dei singoli sistemi
paese.

A vincere la specifica graduatoria legata all’“Orientamento del Governo verso il futuro” è Singapore, seguito da Lussemburgo
e Stati Uniti. Gli Usa sono i leader della graduatoria complessiva della competitività.

Ma non mancano le sorprese tra i paesi più “preparati” per il futuro. Le posizioni immediatamente successive sono occupate
dai Paesi del Golfo, Arabia Saudita compresa. La Svizzera è nona a pari merito con la Malaysia. Subito dopo c’è la Finlandia,
appaiata dalla sorpresa Rwanda. Germania e Olanda sono appaiate al 13° posto.

Gli altri Paesi nordici sono nelle primi venti posizione, tra cui figurano anche India e Azerbaijan. Il Giappone è solo 22°,
il Regno Unito 25°, a pari merito con Irlanda, Tajikistan e Kenya.

Per arrivare all’Italia bisogna scendere fino al 125° gradino, con un punteggio di 2,7, meno della metà del 6,1 di Singapore.
Lo score è calcolato sulla base della media dei voti – da uno a sette – sulle domande specifiche.

I quesiti che determinavano il grado di preparazione per il futuro dei singoli paesi erano relative a quattro questioni: la
velocità del quadro normativo ad adattarsi ai modelli di business digitale (ecommerce, fintech, sharing economy), ma anche
la capacità del Governo ad assicurare un sistema stabile per le aziende, a rispondere efficacemente al cambiamento (tecnologico
in primo luogo, ma anche alle trasformazioni sociali, demografiche ed economiche) e ad avere una visione di lungo periodo.
Materie in cui l’Italia non riesce ad arrivare neanche vicina alla sufficienza.

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