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Tasse auto in aumento, e la situazione rischia di peggiorare: i motivi

Il settore automotive vale il 4,3% del PIL annuo nazionale. E, si badi bene, solo considerando la tassazione annua cui sono sottoposte le case automobilistiche e le stesse auto una volta che vengono messe “su strada”.

Questo quanto emerge da un’analisi dell’Associazione nazionale filiera industria automobilistica (abbreviato in ANFIA) che, per bocca del Presidente Paolo Scudieri, sottolinea come il settore automobilistico sia già vessato ben oltre la media europea e, nei prossimi anni, la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Già con la Manovra 2020, si legge in una nota ANFIA, sono previste nuove forme di tassazione sul possesso di un veicolo, andando così a far crescere ulteriormente il monte-tasse, già di per sé alto.

Ma quali sono i numeri della tassazione sul settore automotive? Li snocciola, nello stesso comunicato, l’ANFIA. Nel 2018 il carico fiscale sulle auto ha raggiunto la cifra di 76,4 miliardi di euro, in crescita dello 1,4% rispetto allo scorso anno. Come detto, una cifra che vale quasi il 5% del PIL del nostro Paese, mentre la media europea si ferma al 3,1%. Un aumento in controtendenza rispetto ai risultati del mercato automobilistico che, dopo quattro anni di crescita, ha chiuso il 2018 con un calo nel numero di auto immatricolate.

La fetta maggiore arriva dalle tasse sull’utilizzo del veicolo. Ben 37 miliardi di gettito fiscale sono frutto del prelievo sui carburanti, mentre 11 miliardi arrivano dall’IVA su manutenzione e riparazione, acquisto ricambi, accessori e pneumatici. A questi si aggiungono altri 12 miliardi di euro di tasse varie, per un totale che sfiora i 61 miliardi di euro, equivalenti al 78,7% della tassazione totale. Gli altri 16 miliardi arrivano dalle tasse sull’acquisto dei veicoli: 9,4 miliardi da IVA e IPT su auto nuove e 6,8 miliardi da IVA e IPT su auto usate.

La grande preoccupazione, sottolinea il presidente ANFIA, è però un’altra. Con la manovra 2020 dovrebbe essere modificata la tassazione sulle auto aziendali, andando così a far crescere ulteriormente il gettito totale del settore automobilistico. “Portare avanti questa misura – sottolinea Scudieri – significherebbe fare un enorme passo indietro, allontanandosi ulteriormente dagli standard europei, considerando che già l’auto aziendale italiana in generale è più penalizzata in termini di detraibilità e di deducibilità”.

Mentre negli altri Paesi europei le aziende possono detrarre il 100% dell’IVA sulle auto e ammortizzare valori maggiori, aziende e professionisti italiani hanno minori vantaggi fiscali. Ciò impedisce anche di fare nuovi investimenti sul parco auto, rendendo più difficile l’acquisto di auto con motorizzazioni alternative a quelle a combustibile.