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Tasse, pressione fiscale in aumento nel 2019: ecco quanto e perché

Secondo il Ministero dell’Economia, nel 2019 la pressione fiscale sugli italiani è destinata ad attestarsi al 42,4% (+0,4% rispetto l’anno prima). Dati confermati dalle stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio e dalla CGIA di Mestre, che testimoniano come il rapporto fra Pil e gettito fiscale sarà destinato ad aumentare il peso della seconda componente. E si è messo in coda anche il Consiglio nazionale dei commercialisti, che dopo aver analizzato a fondo la manovra economica ha prospettato la possibilità di una stangata da 13 miliardi nel giro di tre anni per le tasche dei contribuenti.

Confermate dunque le valutazioni sviluppate dall’Ufficio parlamentare di bilancio, secondo il quale nel 2019 la pressione fiscale salirà dal 41,9 al 42,4% del Pil dal 42% del 2018. Mentre negli anni successivi si arriva al 42,8% nel 2020 e al 42,5% nel 2021.

Non tutte le voci hanno a che vedere con l’introduzione di nuove tasse; il rapporto Pil/entrate erariali è infatti influenzato anche da misure non ricorrenti, come la lotta all’evasione e i condoni come la Pace fiscale. Altre tasse introdotte, come la web tax e i maggiori prelievi dai giochi d’azzardo, sono in linea con i programmi politici dei partiti di governo. Nel 2019 le entrate aggiuntive (escluse le sempre più possibili clausole di salvaguardia) saranno pari a 8.528 milioni. Di cui 337 milioni aggiuntivi arriveranno dall’obbligo di fatturazione elettronica, mentre dalla “Pace fiscale” è previsto il recupero di 680 milioni. Pur trattandosi di un condono, e quindi di uno sconto, esso aumenta il gettito immediato e di conseguenza anche la pressione fiscale relativa al 2019. Non mancano le già citate tasse sui vizi: 768 milioni in più saranno raccolti dal gioco d’azzardo, 135 milioni dai tabacchi.

Stando ai calcoli dei Commercialisti, saranno 12,4 miliardi le vere e proprie maggiori tasse applicate su banche e assicurazioni (5,6 miliardi), sulle imprese in generale (2,4 miliardi), sul settore del gioco d’azzardo (2,1 miliardi), sui grandi gruppi dell’economia digitale (1,3 miliardi), sui consumatori (0,6 miliardi) e sugli enti del non profit (0,4 miliardi). Colpite quindi soprattutto le imprese, le assicurazioni e le banche: il timore è che scaricheranno l’aumento dei costi sulla clientela.

Resta inoltre l’incognita della tassazione locale posto che la manovra, sottolineano infine i Commercialisti, non conferma il blocco in essere ormai da tre anni (2016-2018) degli aumenti delle aliquote Irap, Imu, Tasi e addizionali regionali e comunali all’Irpef e consente espressamente aumenti fino al 50% dell’imposta comunale sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni.“

“Non stiamo aumentando la pressione fiscale sui cittadini, ma sulle banche, sulle assicurazioni, sul gioco d’azzardo” – aveva replicato il premier Conte nella conferenza stampa di fine anno, sostenendo che grazie alle misure introdotte con la manovra “si è alleggerita la pressione sui cittadini”. Dello stesso tenore le dichiarazioni di salvini, secondo cui “saranno gli italiani a giudicare”. Mentre Pd e Forza Italia ribattono: “L’Upb, la Cgia di Mestre, i dottori commercialisti, l’Ocse: sono tutti impazziti dicendo che dal prossimo anno il carico fiscale aumenta? Ha ragione soltanto Conte o è come quello che va contromano sull’autostrada ed è convinto che siano gli altri ad andarci?”