Tra i diversi metodi per la riscossione dei tributi previsti dall’ordinamento italiano vi è la ritenuta d’acconto: chi eroga una somma (il cosiddetto sostituto d’imposta, e cioè il soggetto pubblico o privato che sostituisce in tutto o in parte il contribuente nei rapporti con l’amministrazione finanziaria, trattenendo le imposte dovute da compensi, salari, pensioni e redditi vari per versarle successivamente allo Stato), in determinati casi previsti dalla Legge, trattiene l’imposta sul compenso e la versa poi allo Stato al posto del reale contribuente.
Di non così immediata comprensione, la ritenuta d’acconto è dunque una trattenuta Irpef (per i redditi delle persone giuridiche) o Ires (in caso di persone giuridiche, e dunque di società) effettuata sulle somme di denaro percepite dai datori di lavoro o dai clienti, dalle banche o dagli istituti finanziari. Dai sostituti d’imposta, insomma. In Italia, sono soggetti a ritenuta d’acconto i redditi da lavoro autonomo e da lavoro dipendente, i redditi da capitale e altri redditi espressamente previsti dalla Legge.
Che cos’è la ritenuta d’acconto
Per capire che cos’è la ritenuta d’acconto, bisogna prima specificare che non ne esiste un’unica tipologia. Le più diffuse sono due: la ritenuta a titolo di acconto e la ritenuta a titolo di imposta. Nel primo caso vi è una ritenuta del 20% da parte di chi riceve la prestazione (se si emette fattura di 1.000 euro ad un soggetto con partita IVA, se ne percepiranno effettivamente 800 in quanto 200 saranno l’anticipazione sulle imposte che su quei 1.000 bisognerà poi versare), nel secondo caso – ai fini della tassazione – sul totale si versa solo il 20% (per quel compenso, all’erario non bisognerà dunque riconoscere alcuna altra somma).
Ecco dunque che, la ritenuta d’acconto può essere un’anticipazione delle imposte che si andranno poi a pagare oppure l’imposta vera e propria. Ma il discorso è ancora più complesso: sono infatti soggetti alla ritenuta – oltre ai professionisti che emettono fattura – anche i redditi da lavoro dipendente e i redditi da capitale.
Come si calcola la ritenuta d’acconto per i liberi professionisti
Come funziona la ritenuta d’acconto? Nella sua fattispecie più comune – quella del libero professionista con partita Iva che emette fattura ad un altro soggetto con partita Iva, o quella di chi non ha una partita Iva ma svolge una prestazione occasionale (entro i limiti consentiti dalla Legge) – il cliente che andrà a saldare la fattura verserà per il lavoratore autonomo un modello F24 con codice tributo 1040 (a titolo Irpef), andando così ad anticipargli una quota delle sue tasse. Chi riceve il pagamento, dunque, si vedrà bonificare il lordo con l’eventuale aggiunta di IVA e contributo integrativo, in base alla sua cassa di appartenenza, ma con la sottrazione della ritenuta.
Come si calcola la ritenuta d’acconto? In realtà è molto semplice: nella grande maggioranza dei casi, corrisponde al 20% dell’imponibile. Bisogna dunque prendere l’importo lordo e moltiplicarlo per 0.2. Se invece la si deve calcolare dal netto, bisognerà dividere questo per 0.8 così da ottenere l’importo lordo: moltiplicando quest’ultimo per 0.25 si otterrà la ritenuta d’acconto. È un punto fondamentale, questo: per calcolare la ritenuta d’acconto bisogna partire sempre dall’importo lordo, senza considerare l’IVA (che viene eventualmente aggiunta dopo), le rivalse INPS e le marche da bollo.
Se l’aliquota ordinaria della ritenuta d’acconto è del 20%, ci sono delle eccezioni: sale infatti al 30% in caso il professionista che emette fattura con ritenuta d’acconto sia un soggetto residente all’estero, e al 23% nel caso di compensi agli sportivi dilettanti a cui – quando il reddito annuo percepito è superiore a 20.658,28 euro – viene operata una ritenuta a titolo di imposta pari appunto al 23% (a cui vengono sommate l’addizionale regionale e comunale).
Semplificando, si parla di ritenuta d’acconto del 20% per professionisti residenti in Italia e per lo sfruttamento delle opere d’ingegno; di ritenuta del 30% per professionisti residenti all’estero e per sfruttamento delle opere d’ingegno di non residenti; di ritenuta a partire dal 23% per sportivi dilettanti che superano la soglia minima di reddito; di ritenuta del 23% sul 50% dell’imponibile per gli agenti di commercio.
Il versamento della ritenuta d’acconto
Il sostituto d’imposta, entro i termini previsti per la liquidazione delle imposte (in genere, entro il 16 del mese successivo a quello dell’avvenuto pagamento), andrà a versare il modello F24 indicando generalmente come codice tributo 1040 nella sezione “erario” e inserendo mese e anno per cui il tributo è stato pagato.
Entro il 28 febbraio dell’anno successivo, invierà ad ogni lavoratore autonomo per cui nell’anno precedente abbia versato le ritenute d’acconto una certificazione sottoscritta e firmata indicante l’avvenuto pagamento dei compensi e le trattenute effettuate. Tali certificazioni sono fondamentali per i liberi professionisti, in quanto in dichiarazione dei redditi andranno ad indicare l’ammontare delle imposte che altri hanno già versato per loro.
Su cosa viene applicata la ritenuta d’acconto
Per entrare più nel dettaglio, e capire bene come funziona la ritenuta d’acconto, possiamo semplificare dicendo che questa viene applicata:
La ritenuta d’acconto sui redditi da lavoro dipendente e sui redditi da capitale
Ma non sono solamente i redditi da lavoro autonomo ad essere soggetti a ritenuta d’acconto: tale ritenuta grava infatti anche sulle retribuzioni percepite dai lavoratori dipendenti. Il datore di lavoro andrà a versare, sempre con modello F24 e negli stessi termini previsti per i lavoratori autonomi, l’imposta: lo farà compilando la sezione “erario” per le imposte statali, la sezione “INPS” per i contributi previdenziali, la sezione “altri enti previdenziali e assicurativi per i contributi assicurativi INAIL, la sezione “regioni” per le addizionali regionali, la sezione “ICI e altri tributi locali” per le addizionali comunali.
Entro il 31 marzo dell’anno successivo, invierà poi il CUD indicante tutte le voci relative alle ritenute fiscali, contributive e assicurative detratte al lavoratore dipendente. Infine, sempre tramite F24, e sempre entro i termini previsti per i lavoratori autonomi, il soggetto che abbia redditi da capitale (ad esempio, i dividendi sulle azioni) dovrà andare a versare la ritenuta d’acconto compilando la sezione “erario”, con l’indicazione del relativo codice tributo.
Ci sono poi altri redditi che sono soggetti a ritenuta d’acconto, e sono quelli provenienti da: assicurazioni sulla vita soggette a imposta sostitutiva, plusvalenze soggette a imposta sostitutiva, titoli atipici, interessi e premi, indennità di esproprio, cessioni di diritti d’autore. È dunque una disciplina non molto semplice, quella della ritenuta d’acconto. E l’aiuto di un professionista si rivela fondamentale.