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Affitti brevi, Italia si rivolge a Corte Ue: cosa prevede la “legge Airbnb”

Airbnb ottiene una prima piccola vittoria contro l’Agenzia delle Entrate.

Il Consiglio di Stato ha infatti deciso che sarà la Corte di Giustizia dell’Unione europea a doversi pronunciare sulla cosiddetta “legge Airbnb”. E mentre il portale telematico festeggia (almeno momentaneamente), gli albergatori italiani levano gli scudi.

In ballo c’è la normativa che impone agli intermediari attivi negli affitti brevi di comunicare i dati dei locatori e di applicare una ritenuta del 21 per cento. I giudici del Consiglio di Stato hanno accolto le motivazioni contenute negli atti difensivi di Airbnb, chiedendo l’intervento dei colleghi europei. La Corte di Giustizia Ue dovrà quindi stabilire se gli obblighi introdotti per gli affitti brevi siano compatibili con la normativa comunitaria e se lo Stato italiano avrebbe dovuto notificare la loro introduzione alla Commissione Europea.

Airbnb si è detta “lieta” della decisione di Palazzo Spada. “È evidente – si legge in una nota diffusa dal portale online – che l’attuale impianto non è per nulla adatto allo scopo, largamente condiviso nella società e nella politica, di ravvivare l’economia italiana sviluppando quei pagamenti digitali e tracciati che solo una piattaforma come la nostra garantisce”. Allo stesso tempo ha manifestato la propria disponibilità a collaborare con il Ministero delle Finanze sulla condivisione dei dati.

L’obbligo di comunicazione e ritenuta del 21%, introdotto a carico degli intermediari nel 2017, ha lo scopo di assicurare un flusso di gettito costante all’Erario e di combattere l’evasione fiscale. La ritenuta del 21% è pari infatti alla cedolare secca, che spesso viene scelta dai locatori perché più conveniente. Ma sempre nel 2017, mentre le agenzie immobiliari e gli intermediari “fisici” applicavano la ritenuta, Airbnb ha avviato il ricorso manifestando dubbi sia sulla fattibilità tecnica sia sulla discriminatorietà e l’incompatibilità con il diritto europeo della ‘legge Airbnb’.

Il fatto che il ricorso sia in ballo da due anni è uno dei motivi della dura reazione di Federalberghi. Il presidente dell’Associazione Bernabò Bocca, che più volte si è scagliato contro il far west degli affitti brevi, ha definito una “commedia” quella messa in atto da Airbnb: “Siamo stanchi di assistere a questa esibizione indecorosa dei colossi del web, che realizzano nel nostro paese utili milionari ma dimenticano di pagare quanto dovuto al fisco italiano, con un comportamento a dir poco opportunistico”.

Dello stesso tenore è la posizione di Property Managers Italia, associazione dei proprietari di appartamenti. Il presidente Stefano Bettanin si è rivolto direttamente ad Airbnb perché metta fine al balletto di ricorsi che va avanti dal 2017.