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Bonus sport: aumentano investimenti ammissibili, ma le associazioni dilettantistiche rischiano

Arriva il bonus maggiorato per lo sport, ma per le società e le associazioni sportive dilettantistiche c’è il rischio di perdere le agevolazioni preesistenti.

Nei giorni scorsi è stato pubblicato il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul credito di imposta per le erogazioni liberali in denaro a favore dello sport, effettuate nell’anno solare 2019. Il decreto prevede un aumento degli investimenti ammissibili rispetto all’anno precedente, inoltre sono ammessi insieme agli interventi per la manutenzione e il restauro degli impianti sportivi pubblici anche quelli per la realizzazione di nuove strutture. Il contributo al credito d’imposta sale al 65% delle erogazioni rispetto al 50% precedente e può essere utilizzato in tre quote annuali dello stesso importo.

L’aumento del bonus, tuttavia, può portare al rischio di revoca delle agevolazioni fiscali preesistenti per le associazioni sportive dilettantistiche (Asd) e le società sportive dilettantistiche a responsabilità limitata (Ssdrl), come hanno evidenziato gli esperti del settore, nell’ambito della kermesse Rimini Wellness.

Le citate associazioni e società che nel precedente periodo d’imposta hanno conseguito proventi da attività commerciali non superiori a 400 mila euro possono accedere alla determinazione forfettaria del reddito imponibile e dell’Iva, insieme a semplificazioni per gli adempimenti fiscali, la certificazione dei corrispettivi e i dichiarativi. Questo regime consente ad associazioni e società sportive dilettantistiche di pagare i compensi agli allenatori, agli istruttori, ai preparatori, agli atleti e ai collaboratori in genere, usufruendo della esenzione totale da imposte dirette o sostitutive sui redditi, fino a un massimo di 10 mila euro all’anno, che vengono dichiarati come redditi diversi. Il soggetto può chiedere di essere remunerato in questo modo se non ha altri redditi, altrimenti l’attività deve rientrare in quella di arti e professioni, con il pagamento dei contributi Inps e l’applicazione della ritenuta alla fonte.

Associazioni e società sportive dilettantistiche sono soggette a limitazioni riguardo allo svolgimento delle loro attività, non potendo agire come operatori commerciali. Così, ad esempio, non possono fare pubblicità per iniziative di carattere commerciale, ma solo per quelle legate alle loro iniziative istituzionali. Nella circolare n. 18/E pubblicata dall’Agenzia delle Entrate il 1° agosto 2018 si precisa che le attività commerciali che rientrano nel regime forfettario previsto dalla legge n. 398/1991 sono solo quelle “connesse agli scopi istituzionali” dell’associazione o della società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro. Quindi sono escluse le cessioni di beni o le prestazioni di servizi effettuate con forme organizzative simili a quelle delle attività commerciali vere e proprie e in concorrenza con queste.

L’iscrizione al Coni, autocertificata, richiede che nello statuto sia indicato che l’attività è effettuata senza scopo di lucro e nel caso delle società deve contenere il divieto della cessione delle quote. Inoltre, i soci che si iscrivono dovrebbero essere accettati con delibera del direttivo, salvo che si tratti di semplici tesserati, e devono partecipare alla vita della società, con l’approvazione del bilancio. Non sarebbe sufficiente il pagamento di un’iscrizione. Infine l’attività svolta deve essere solo sportiva, salvo alcune deroghe minori.

Se non vengono rispettati questi requisiti, l’attività dell’associazione o società rientra nella sfera commerciale, pertanto non sarà più soggetta al regime forfettario, ma dovrà pagare l’Iva per la prestazione di servizi e versare i contributi sui compensi ai suoi collaboratori. Si vedrà poi revocare tutte le agevolazioni.