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Buoni pasto, un settore da 3,2 miliardi di euro tra tasse occulte e nuove soglie

Circa 3 milioni di beneficiari (2.769.596 di cui 1.800.363 nel settore privato e 969.233 nel pubblico) e 500 milioni di ticket emessi per un valore complessivo, nel 2019, pari a 3,2 miliardi di euro. Questi, secondo i dati delle associazioni degli esercenti, i numeri dei buoni pasto. Una forma di pagamento che i lavoratori dipendenti utilizzano nel 25,8% dei casi e che si colloca al terzo posto tra le più utilizzate dopo contante (preferito dal 69,3%) e carta di credito/bancomat (28,2%).

Tra riforme e proteste nel settore è attualmente in corso una trasformazione. Le associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione del nostro Paese  – Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, ANCC Coop, ANCD Conad, FIDA e Confesercenti – si sono recentemente riunite per la prima volta in un tavolo di lavoro congiunto dal quale è emersa la richiesta di “correttivi urgenti, a partire dalla revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione” altrimenti “la stagione dei buoni pasto potrebbe essere destinata a concludersi presto”. In sostanza l’attuale sistema non è conveniente per le organizzazioni del settore che denunciano “una tassa occulta del 30% sul valore di ogni buono pasto a carico degli esercenti”. In totale –  tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari – bar, ristoranti, supermercati e centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto incassati che accettano. Se non ci sarà un’inversione di rotta immediata quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero, dunque, vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket.

In questo scenario a intervenire sul settore dei buoni pasto è anche la Manovra 2020 che, a partire dallo scorso primo gennaio, ha ridotto a 4 euro (prima era 5,29 euro) l’esenzione da contributi INPS e tassazione IRPEF sui buoni pasto cartacei. Come incentivo per il loro utilizzo l’esenzione dal reddito relativa ai ticket elettronici è, invece, salita a 8 euro (fino al 31 dicembre 2019 era 7 euro). 

Ciò – in base ai calcoli dei consulenti del lavoro riportati da Pmi.it – significa che un’azienda con aliquota contributiva al 30% che eroga buoni pasto di valore superiore alle soglie di esenzione (ad esempio, 10 euro al giorno), avrà un risparmio contributivo fra il 2 e il 3% per i ticket elettronici a fronte di un aggravio di costi attorno al 3% per i buoni pasto cartacei.

Nel caso dei ticket relativi al 2019 ed erogati ai dipendenti entro il 12 gennaio 2020 gli esperti spiegano che vale il “principio di cassa allargato” – stabilito dall’articolo 51, comma 1, del Tuir, Testo unico imposte sui redditi – in virtù del quale si ritengono applicabili le soglie precedenti.