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Capitale umano, digitalizzazione e ambiente per risollevare la Sardegna

Il ventesimo rapporto del centro ricerche Nord Sud delle Università di Cagliari e di Sassari fa il punto sullo stato di salute dell’economia dell’Isola a oltre un anno dallo scoppio della pandemia

 

Uno scenario da guerra. Con un crollo delle esportazioni, una flessione negativa del mercato del lavoro che ha colpito sopratutto le donne e i lavoratori con minore tutela. E poi la distanza tra Sardegna e regioni più dinamiche dell’Ue che cresce. La speranza per iniziare la ripresa può arrivare dalla valorizzazione del capitale umano, digitalizzazione e tutela dell’ambiente. È il quadro economico della Sardegna tracciato dal ventottesimo rapporto Crenos (il Centro ricerche economiche nord sud delle università di Cagliari e Sassari) e relativo al 2020.

Debolezze e fragilità

«La crisi economica europea innescata dalla malattia ha messo in evidenza le debolezze delle economie fragili come di quelle forti, dando impulso a una nuova coesione nel disegno delle politiche economiche dell’Unione – premette lo studio coordinato da Gianfranco Atzeni, docente di Economia politica all’Uniersità di Sassari e ricercatore Crenos –. In alcune economie, fragilità come le disparità di genere e tra generazioni, le differenze territoriali nella dotazione di infrastrutture digitali e di competenze del capitale umano sono emerse con maggiore chiarezza».

 

Il crollo durante la ripresa

Lo studio evidenzia che l’emergenza sanitaria si è abbattuta sulla Sardegna proprio mentre era in corso una leggera ripresa. «Senza la pandemia avremmo accolto positivamente la crescita del Pil sardo del 2019 (+1,4%) in cima alla classifica delle regioni italiane – scrive il rapporto –. Tuttavia, la crescita media del periodo 2015-2019 è solo dello 0,3% e il Pil sardo è il 64% di quello medio europeo, collocando l’Isola al 147° posto su 240 regioni in Europa». Per l’isola le ricadute sul Pil, legate all’impatto provocato dalla diffusione del Covid-19 potrebbero essere «più pesanti di quelle registrate a livello nazionale».

Crolla il mercato del lavoro

Lo studio evidenzia, relativamente al mercato del lavoro del 2020, riduzioni significative del tasso di attività e del tasso di occupazione. Nello specifico, nel 2020 l’isola perde nel complesso 27 mila occupati e 43 mila forze di lavoro, collocandosi così tra le regioni in cui la crisi pandemica ha avuto gli effetti peggiori sul mercato del lavoro. A contribuire a questo primato negativo è sicuramente la particolare struttura occupazionale in Sardegna, che nel 2019 vedeva quasi un lavoratore su quattro impiegato nel settore del commercio o della ristorazione. «A essere maggiormente colpite sono le donne, gli individui con titoli di studio medio-bassi e i lavoratori con contratti a tempo determinato – evidenzia il rapporto –. La ridotta occupazione delle donne con titolo inferiore al diploma è responsabile da sola di quasi la metà della diminuzione complessiva dell’occupazione in Sardegna».

 

Fonte: IlSole24Ore