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Cattolica, dossier sul cda in vigilanza: disattese le richieste di Ivass sulla lista

Il rinnovo del consiglio di amministrazione di Cattolica, che già nelle scorse settimane aveva vissuto momenti di tensione
per il tenativo poi naufragato dell’associazione Cattolica al Centro di proporre una lista alternativa a quella promossa dal
board, si arrichisce di un altro retroscena. Lo scorso 5 marzo, come ultimo atto di una corrispondenza piuttosto intensa,
Ivass ha inviato alla compagnia una lunga lettera. In quella missiva ha messo nero su bianco le raccomandazioni della vigilanza
rispetto alle ambizioni dell’istituto in materia di composizione del nuovo consiglio di amministrazione della società, che
dovrà essere votato dall’assemblea dei soci il prossimo 17 aprile. Ivass ha chiesto in particolare tre cose: che venga rafforzata
in consiglio la presenza di figure professionali con adeguata varietà di profili, con particolare attenzione a quelli inerenti
la gestione caratteristica dell’impresa (nel dettaglio spingeva per l’ingresso di un membro con forti competenze attuariali
e di una figura con un certo know how in ambito tecnologico); che ci sia un numero adeguato di amministratori indipendenti;
e infine che si tenga conto del numero di mandati già svolti e del requisito anagrafico per «determinare un effettivo ricambio
anche generazionale». Quell’ultima lettera è stata inviata perché, a valle dello «scambio informativo e documentale intercorso»,
la Vigilanza si era resa conto che le sue «indicazioni» fino a quel momento risultavano «disattese». Ha voluto dunque mandare
un ultimo segnale proprio nelle settimane in cui il board della compagnia era chiamato a preparare la lista per il nuovo cda.
Elenco al quale il ceo Alberto Minali non sembra aver contribuito, complice l’adesione al codice di autodisciplina, e che
nei fatti sembra sia stato messo a punto sotto la supervisione del presidente Paolo Bedoni. La lista è stata pubblicata il
22 marzo scorso e, scorrendo i curriculum dei 17 candidati, i richiami dell’Ivass non sembrano essere stati del tutto recepiti,
anzi.

Va detto che Cattolica nell’ultimo anno ha impresso una forte accelerazione in materia di cambio della governance e molto
lavoro, in proposito, è stato fatto. La compagnia è passata al modello monistico, ha ridotto il numero dei consiglieri da
23 a 17 membri, guardando le candidature ha rinnovato oltre la metà del board, ha pubblicato un documento di orientamento
che sposa la linea dell’Ivass e ha costituito con un anno di anticipo il comitato nomine. Insomma, sulla carta, il cambio
di governance sembrerebbe sostanziale. Eppure se si incrociano le richieste dell’Istituto e le caratteristiche dei candidati,
quell’effettivo cambiamento, auspicato dalla vigilanza, non sembra esserci stato. Nessuno dei 17 nomi presenti nell’elenco
ha competenze di alto profilo in materia di fintech o di tecnologia in generale. La richiesta di un attuario è stata soddisfatta
inserendo in extremis Rosella Giacometti, professore all’Università di Bergamo, laureata in matematica finanziaria e con una
conoscenza delle tematiche in oggetto di tipo accademico. Mentre in merito al tema del ricambio generazionale la variazione
rispetto al vecchio board non appare certo radicale. Dei 17 membri, otto sono stati confermati (tra questi oltre al presidente
Bedoni, Barbara Blasevich, Bettina Campedelli, Chiara de’Stefani, Alessandro Lai, Carlo Napoleoni, Aldo Poli, Eugenio Vanda
a cui si aggiungono i tre sindaci Giovanni Glisenti, Cesare Brena e Federica Bonato, che entreranno nel board come componenti
del comitato per il controllo sulla gestione) il cda che aveva un’eta media di 60,3 anni nel prossimo futuro viaggierà attorno
a 58 anni e se prima il numero medio di mandati dei componenti era di 2,4 ora è di 1,8. In dodici mesi, fa notare qualcuno,
era impensabile che si potesse concretizzare una vera e propria rivoluzione. Tuttavia, i messaggi lanciati dall’Ivass, che
ha ancora il dossier sul tavolo e probabilmente proseguirà nell’analisi nelle prossime settimane, erano netti. Basti ricordare
un solo passaggio della missiva del 5 marzo: «L’innalzamento dei requisiti di professionalità dei componenti dell’organo amministrativo
nelle diverse aree gestionali dell’impresa è improcrastinabile, sia per il modello societario adottato, sia per gli sfidanti
obiettivi di gruppo previsti dal progetto industriale 2018-2020 che richiedono, per la loro attuazione, la presenza di consiglieri
in grado di deliberare anche in relazione agli aspetti particolarmente tecnici e innovativi che caratterizzano il progetto».
Ora la palla è nel campo della vigilanza che dovrà decidere come muoversi una volta eletto il nuovo cda.

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