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Ok al taglio del cuneo fiscale, via libera al primo taglio delle tasse del governo Conte-bis. Con i 3 miliardi stanziati nella Manovra 2020, il governo giallo-rosso ha deciso di aumentare gli stipendi per circa 16 milioni di lavoratori dipendenti.
Le buste paga saranno più pesanti a partire da luglio 2020 per 16 milioni di lavoratori con redditi tra gli 8mila e i 40mila euro: si tratta di 4,3 milioni di lavoratori in più rispetto alla platea del bonus Renzi, con miglioramenti da 1.200 euro a 192 euro l’anno, che, tradotto, significa da 100 a 16 euro netti in più al mese.
L’accordo tra Conte e i sindacati
“A dispetto di quanto ha sostenuto una certa propaganda, è la prova che la Manovra riduce davvero le tasse” ha chiosato a Cgil, Cisl e Uil il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, assicurando che si tratta di un “primo passo” per arrivare alla riforma dell’Irpef, che nelle intenzioni dell’Esecutivo dovrebbe riguardare tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, e anche i pensionati.
Dal canto suo, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che prima aveva incontrato da solo i sindacati a livello informale, ha sottolineato che c’è “un’ampia convergenza sulle modalità di questo primo intervento importante a sostegno dei redditi da lavoro dipendente”, e ha insistito proprio sul “consenso sia nella maggioranza sia nei sindacati”.
Maurizio Landini ha parlato di “giornata importante” in cui “dopo diversi anni c’è un provvedimento che aumenta il salario netto a una parte dei lavoratori dipendenti”. L’obiettivo dei sindacati resta comunque la riforma complessiva del Fisco, che porti a una “vera lotta all’evasione” e includa anche incapienti e pensionati.
A chi spettano gli aumenti, e di quanto
Le risorse da distribuire, come dicevamo, sono 3 miliardi quest’anno e 5 miliardi nel 2021: non moltissimo. E infatti, chi potrà gioire saranno ad esempio i lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 28mila euro l’anno, che si vedranno un aumento in busta paga di circa 100 euro al mese a partire da luglio.
Chi invece resterà a bocca asciutta saranno i lavoratori dipendenti che guadagnano, ad esempio, 39mila euro lordi l’anno, per cui il taglio delle tasse equivarrà solo a 16 euro in più al mese: di fatto, 53 centesimi al giorno.
Il meccanismo di “décalage”
Oltre i 28mila euro partirà un meccanismo di “décalage”, quello su cui anche Elsa Fornero insisteva da tempo, per cui il bonus, ovvero il credito di imposta, si trasforma in detrazione secondo un meccanismo a calare, che ridurrà il beneficio progressivamente fino a 80 euro al mese per chi ha 35mila euro di reddito: 97 euro al mese per un reddito da 29 mila euro e 94 euro per uno da 30 mila, ad esempio. E così via.
Ogni mille euro in più di guadagni lordi corrispondono a 3 euro in meno di beneficio. Nella fascia tra 35mila e 40mila euro la “discesa” sarà più forte, passando da 80 euro mensili a zero.
Che fine fa il vecchio bonus Renzi
Per coloro che già godevano del vecchio bonus Irpef Renzi, per il momento questo non sparisce e anzi viene portato a 100 euro al mese, cioè 600 euro nel 2020, quando sarà erogato per sei mesi, e 1.200 euro l’anno a regime. 100 euro andranno anche a una nuova, seppur risicata, platea di circa 750mila lavoratori dipendenti, attualmente esclusi dagli 80 euro, che hanno redditi tra i 26.600 e i 28mila euro.
Il beneficio minimo per i redditi più alti si fermerà invece a 192 euro l’anno, ovvero 16 euro al mese.
Il titolare di XX settembre Gualtieri, incassato l’ok dei sindacati, punta ora a chiudere il provvedimento entro fine gennaio. Poi toccherà alla fase 2, quella che riguarderà tutta la riforma fiscale.