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Ecobonus valido anche su immobili in affitto: la sentenza della Cassazione

L’Agenzia delle Entrate non può “negare” a una azienda edile di usufruire degli sgravi fiscali garantiti dall’Ecobonus su immobili di sua proprietà ceduti in locazione.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione che, con sentenza n. 29162 del 12 novembre 2019, accoglie il ricorso di un contribuente e smentisce l’interpretazione legislativa fatta dagli ispettori dell’Agenzia delle Entrate. Gli Ermellini stabiliscono così che le limitazioni imposte dall’AdE non sono fondate su alcuna prescrizione legislativa e, dunque, non sono applicabili a nessun caso concreto.

Nello specifico, i giudici del Palazzaccio di Via Trastevere si sono espressi sul contenzioso tra l’Agenzia delle Entrate e una impresa edile, che aveva usufruito di detrazioni IRES per lavori di efficientamento energetico su alcuni immobili merce dati in locazione. In seguito a un controllo formale in base all’ex art. 36 ter del D.P.R. 600/73, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato le detrazioni e aveva inviato una cartella di pagamento all’azienda, chiedendo indietro il “maltolto”.

La cartella era basata sull’interpretazione di alcune circolari della stessa Agenzia delle Entrate, nelle quali si stabilisce che non è possibile usufruire dell’Ecobonus per i lavori effettuati su immobili merce concessi in locazione. Le agevolazioni fiscali, sostiene in diverse circolari l’Agenzia delle Entrate, dovrebbero essere riconosciute solamente per i fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività imprenditoriali, e non per quelli che vengono concessi in locazione.

Un’interpretazione, però, che non ha alcun fondamento legislativo, secondo i giudici della Corte di Cassazione. I giudici hanno infatti stabilito che, ai fini degli sgravi fiscali dell’Ecobonus, non sussiste alcuna differenza tra immobili strumentali all’attività aziendale – come può essere la sede operativa dell’impresa – e gli immobili merce che la stessa azienda concede in locazione diretta.

Le pretese dell’Agenzia delle Entrate, così come la cartella di pagamento inviata all’impresa edile, sono dunque illegittime e non hanno alcuna valenza legale. Come sottolineato nella sentenza, infatti, le circolari e le risoluzioni dell’Agenzia hanno un mero valore interpretativo e non sono vincolanti né per i contribuenti né per i giudici. Nella sentenza, inoltre, la Corte stabilisce non solo lo stralcio della cartella di pagamento, ma anche il pagamento delle spese in favore della società pari a 1.500,00 euro per competenze, 200,00 euro per esborsi, oltre che a spese forfettarie pari al 15% e accessori.