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Le perdite su crediti sono deducibili, a certe condizioni

Le perdite su crediti sono deducibili a condizione che si argomentino e documentino i fatti costitutivi, allegando elementi idonei a dimostrare, in modo inequivoco, la difficoltà di esazione

Le perdite su crediti, non dipendenti dall’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, sono deducibili a condizione che si argomentino e documentino i fatti costitutivi, allegando elementi idonei a dimostrare, in modo inequivoco, la difficoltà di esazione. Tale condizione non risulta soddisfatta laddove il contribuente abbia omesso di comprovare la sussistenza di elementi certi e precisi di inesigibilità dei crediti e sia comunque rimasto inerte anche a fronte di possibili iniziative di recupero evidenziate da un consulente. Né possono considerarsi sufficienti allo scopo analisi di terzi ove non corredate da riscontri circa la condizione di insolvibilità dei debitori.

In questi termini si è espressa la Corte di cassazione civile con la sentenza n. 223/2024. Nei fatti di causa, l’Ufficio aveva operato una pluralità di riprese, alcune delle quali atte a contestare l’avvenuta deduzione di perdite su crediti valutati come non recuperabili o di improbabile recuperabilità. La società accertata risultava soccombente in entrambi i giudizi di merito. Gli Ermellini, nel rigettare il ricorso, ripercorrono l’iter logico seguito nella decisione impugnata la quale aveva evidenziato la mancanza delle condizioni richieste dalla disciplina (art. 66, ora art. 101 del Tuir) per poter legittimamente computare le perdite su crediti nella base imponibile di reddito di impresa.

In questa prospettiva viene confermata la compiutezza del ragionamento teso a valorizzare una serie di circostanze, differenziate in relazione alle diverse partite creditorie. In particolare, l’omesso avvio di iniziative per il recupero, incluse le azioni prospettate dal legale di fiducia, ovvero il riferimento a perizie immobiliari datate ed a valutazioni svolte dal consulente che aveva patrocinato il primo grado di giudizio sfavorevole e che, nel ritenere improbabile la soddisfazione in sede di appello, non aveva esposto elementi circostanziati sulle paventate difficoltà di pervenire ad una effettiva riscossione dei crediti.

Relativamente ad una transazione immobiliare non andata a buon fine, la Corte condivide le considerazioni svolte dai giudici di appello sotto il profilo della competenza, dal momento che la perdita della caparra confirmatoria risultava in atti cristallizzata in periodo di imposta antecedente a quello in cui la stessa era stata dedotta, a nulla rilevando la circostanza di una presa di coscienza postuma da parte del promissario acquirente.

(Fonte: Gianluca Stancati | Italia Oggi)

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