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Riforma Partite IVA: IRPEF a rate e deduzioni al 100%

Il governo si gioca gran parte della propria credibilità sull’utilizzo dei fondi del Recovery plan, con diversi progetti già presentati e la precedenza ad alcune tematiche specifiche fra le quali l’abbassamento delle tasse sul lavoro. Con il proseguimento del taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, ma anche con interventi tangibili per autonomi e Partite IVA.

L’arrivo dei soldi dell’Ue è l’occasione buona per far rendere operativa la nota proposta dell’Agenzia delle Entrate per quanto concerne la riforma delle Partite IVA. La riforma dei versamenti fiscali delle Partite IVA può infatti rientrare fra le misure finanziabili con il Recovery Fund europeo apportando semplificazioni per i contribuenti, un miglioramento della compliance e un incentivo agli investimenti.

Tasse mese per mese
E qui si inserisce la proposta di riforma della riscossione per le Partite IVA di cui si era già parlato all’inizio dell’estate. “Attualmente – sintetizza il direttore Ernesto Maria Ruffini -, il versamento dell’IRPEF da parte dei titolari di partita IVA, più di 4 milioni di artigiani, commercianti e professionisti, operanti anche mediante società di persone, avviene con il sistema degli acconti (pagati in due rate) e del saldo”. L’ipotesi è quella di passare a un meccanismo per cassa, con il versamento delle tasse mese per mese, “sulla base di quanto si incassa effettivamente e al netto di quanto si spende per svolgere la propria attività”. In questo modo, “verrebbe definitivamente superato l’attuale meccanismo degli acconti e dei saldi d’imposta che non rispecchiano l’effettivo andamento” dell’attività.

Il meccanismo
Ruffini ha delineato un nuovo sistema fiscale, basato su prelievi mensili calcolati direttamente dall’AE e che il contribuente deve solo autorizzare. In questo modo si ridurrebbero il numero di adempimenti fiscali annuali di ogni azienda o partita IVA e si eliminerebbe il sistema basato sui saldi e sugli acconti.

Nello specifico, Ruffini propone di automatizzare – e modernizzare, sotto molteplici punti di vista – il sistema fiscale delle partite IVA e delle imprese, ribaltando il paradigma su cui oggi si basa il sistema fiscale italiano. Attualmente, i titolari di una partita IVA, coadiuvati dai loro consulenti fiscali, devono calcolare le imposte non solo per l’anno in corso, ma anche per l’anno successivo, pagando il saldo delle tasse per l’anno in corso e l’acconto per quello successivo. Un sistema che, giocoforza, genera crediti o debiti da saldare nel corso dell’anno successivo. Ruffini, invece, ritiene che debba essere l’Agenzia delle Entrate – Riscossione a calcolare l’ammontare delle tasse da pagare su base mensile (o trimestrale, al massimo), e comunicare l’ammontare al contribuente. Quest’ultimo non dovrà far altro che accettare l’addebito sul conto corrente, verificando che tutti i conteggi dell’Agenzia siano corretti.

Questo nuovo sistema potrebbe essere applicato a seguenti soggetti:

  • Imprese minori in contabilità semplificata: persone fisiche e società di persone con 0,4 mln di ricavi da servizi o 0,7 mln da beni. In base alla dichiarazione 2018, si tratta in tutto di 1,8 milioni di contribuenti (1,4 mln di persone fisiche e 0,4 mln di società di persone);
  • persone fisiche in regime di vantaggio e forfettario: sono circa 1,2 milioni di contribuenti, di cui 900mila forfettari;
  • lavoratori autonomi: circa 800mila.
  • Resterebbero invece escluse le società di capitali (srl, spa e via dicendo). Il nuovo sistema sarebbe così configurato:

  • abolizione dei versamenti in acconto di giugno e di novembre e della ritenuta d’acconto per i professionisti;
  • liquidazione periodica mensile o trimestrale delle imposte sui redditi in base all’andamento della cassa, effettuando le possibili compensazioni in automatico;
  • deducibilità totale e immediata degli investimenti in beni strumentali al posto degli attuali ammortamenti;
  • applicazione del criterio di cassa anche a tutte le altre voci ancora oggi soggette al criterio di competenza;
  • alcune plus e minusvalenze, proventi immobiliari, sopravvenienze attive e passive, spese di manutenzione, spese di impianto e altre spese pluriennali, accantonamenti ai fondi di quiescenza e previdenza);
  • addebito delle somme dovute sul conto corrente del contribuente;
  • accredito dei rimborsi o compensazione degli stessi con le imposte dovute nel primo periodo successivo utile.
  • Questa soluzione sarebbe la “più corretta sul piano della coerenza costituzionale con il principio di capacità contributiva, implicando di fatto l’adozione di un sistema di tassazione basato sulla valorizzazione degli incassi effettivi e delle spese realmente sostenute”. E produrrebbe i seguenti vantaggi.

  • Incentivo crescita e investimenti: la deducibilità degli investimenti costituirebbe un’incentivazione, fornendo anche un’ulteriore “leva unica” gestionale alla politica economica, ossia la percentuale di deducibilità degli investimenti, manovrabile in funzione del ciclo economico;
  • semplificazione: il regime degli ammortamenti è regolato da un decreto, per molti versi obsoleto, del 1988, con oltre 20 possibili aliquote d’ammortamento, differenziate per attività;
  • compliance (rapporto fisco-contribuente): flussi di cassa più facilmente osservabili, anche grazie a fattura e scontrino elettronico, e all’integrazione con un sistema di acquisizione delle informazioni dei flussi di cassa dal sistema bancario e dallo SDI.