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I giganti del web pagano solo 64 milioni di tasse in Italia

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28 novembre 2019

Non si ferma la crescita dei colossi mondiali del web e del software

Nel 2018 il fatturato complessivo dei primi 25 gruppi ha toccato quota 850 miliardi di euro, con una crescita del 24% sul 2017 e del 109% rispetto al 2014. Lo scorso anno i primi tre giganti, Amazon, Alphabet, la holding di Google, e Microsoft, hanno registrato circa la metà dei ricavi aggregati del settore. Un podio tutto statunitense, con il settore che vede però la corsa dei gruppi cinesi, con Netease (+54,8%) e Alibaba (+49,1%), seguite da Facebook (+45,5%). Crescono anche gli utili, saliti a quota 110 miliardi di euro, con una media di 15 milioni al giorno per ciascun gruppo, raddoppiati in cinque anni.

Risparmi legati alla tassazione in Paesi a fiscalità agevolata

Un risultato a cui hanno contribuito i benefici derivanti dal pagare le tasse nei Paesi a fiscalità agevolata, come Irlanda e Lussemburgo in Europa. In cinque anni i principali colossi del web hanno risparmiato 49 miliardi di euro di imposte, secondo quanto calcolato dall’ultimo rapporto sul settore dell’Area Studi di Mediobanca. Si distinguono in particolare Microsoft, Alphabet e Facebook per aver risparmiato rispettivamente 16,5 miliardi, 11,6 miliardi e 6,3 miliardi in cinque anni. E sempre fra il 2014 e il 2018 la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Apple un risparmio fiscale cumulato che sfiora i 25 miliardi. L’impatto della tassazione in Paesi dal fisco più amico ha determinato un tax rate effettivo del 14% che altrimenti si sarebbe attestato al 18%.

Amazon è il primo datore di lavoro del settore

Le grandi multinazionali di internet e dei software occupano complessivamente quasi 2 milioni di persone in tutto il mondo, quasi raddoppiate rispetto al 2014. La sola Amazon ha contribuito per oltre la metà di tale incremento. L’azienda di Jeff Bezos è il primo datore di lavoro del settore e ha più che quadruplicato il numero dei propri dipendenti tra il 2014 e il 2018, raggiungendo 647mila unità lo scorso anno. Al secondo posto si trova un gruppo cinese, Jd, con 179mila occupati, e al terzo l’americana Oracle (136mila). La prima europea, la tedesca Sap, è al settimo posto, con 94mila dipendenti.

Un mare di liquidità

I titani del web navigano in un mare di liquidità, che utilizzano per operazioni di buy back, per distribuire dividendi e per comprare, senza badare a spese, startup o aziende che potrebbero diventare concorrenti. I primi 25 gruppi lo scorso anno detenevano 507 miliardi di euro di liquidità, pari a oltre un terzo del totale attivo.

La situazione in Italia

Per quanto riguarda l’Italia il fatturato complessivo delle filiali italiane dei giganti del web e del software supera nel 2018 i 2,4 miliardi di euro e occupa oltre 9.800 persone. Una frazione rispetto sia al fatturato mondiale del settore websoft (lo 0,3%) che degli occupati (lo 0,5%). Rispetto al 2017 si calcolano 1.770 dipendenti in più, in massima parte assunti dalle società del gruppo Amazon che conta il maggior numero di occupati in Italia (4.608).

Le filiali italiane dei giganti del settore nel 2018 hanno versato al fisco italiano 64 milioni di euro, contro i 59 milioni del 2017, pari al 2,7% del fatturato (2,9% nel 2017) e hanno pagato, a seguito di accordi con le autorità fiscali, sanzioni per un totale di 39 milioni, contro i 73 milioni nel 2017. Anche se gli ordini di grandezza del settore sarebbero diversi, con il valore degli acquisti dell’ecommerce in Italia che sfiorerà nel 2019 i 31,6 miliardi di euro, in aumento del 15% rispetto al 2018, secondo l’Osservatorio eCommerce B2c.

Amazon replica però in una nota che “è fondamentalmente errato equiparare tutte le aziende digitali senza tenere in considerazione le differenze dei business in cui operiamo: l’imposta sulle società si basa sui profitti, non sui ricavi, e i nostri profitti sono rimasti bassi sia perché il retail è un business con margini ridotti sia per i continui, forti investimenti di Amazon in Italia che, dal 2010, ammontano a oltre 1,6 miliardi di euro”.

In collaborazione con Adnkronos