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Le criptovalute e il quadro RW

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Il possesso delle criptovalute comporta l’obbligo di monitoraggio fiscale? Le criptovalute, definite anche valute digitali, non possono essere considerate valute in senso tecnico poiché non sono emesse da una banca centrale e non hanno corso legale. Esse sono il risultato di un algoritmo e gli scambi avvengono fino a quando il mercato li qualifica come strumenti di pagamento.

Il monitoraggio fiscale, come noto, è regolamentato dall’articolo 4, D.L. n. 167/1990 e l’adempimento tributario più consueto è rappresentato dalla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi.

Dalle istruzioni ministeriali si evince che l’obbligo di compilazione è subordinato dalla potenziale produzione di reddito imponibile in Italia delle attività o investimenti detenuti all’estero. Infatti, le istruzioni recitano che “gli investimenti sono i beni patrimoniali collocati all’estero e che sono suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia” e che “le attività estere di natura finanziaria sono quelle attività da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera”.

La precisazione dell’Agenzia delle entrate
Con una risposta a una istanza di interpello, l’Amministrazione finanziaria ha fornito ulteriori precisazioni relativamente ai redditi che i bitcoin possono generare e soprattutto alla loro rilevanza ai fini del monitoraggio fiscale.
In sintesi, viene confermato che, quando la persona fisica, al di fuori dell’attività d’impresa, cede valuta virtuale a pronti, non produce un reddito, a meno che, come previsto dal comma 1-ter dell’art. 67 del T.U.I.R, la giacenza media del deposito (i cosiddetti wallet) non superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.

Al contrario, se la cessione è effettuata mediante un contratto finanziario a termine, non sussiste il vincolo del superamento della giacenza media e pertanto secondo il Comma 1, lett. c-quater), dell’art. 67 del T.U.I.R. si potrebbe realizzare un reddito imponibile dato dalla plusvalenza tra costo di cessione e quello di acquisto.

Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, l’Amministrazione finanziaria ritiene che anche le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW.

Secondo l’Agenzia, infatti, la ratio è da ricercare nel fatto che alle valute virtuali “si rendono applicabili i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali nonché le disposizioni in materia di antiriciclaggio”. Inoltre, sostiene l’Agenzia, nel quadro RW, alla colonna 3 (“codice individuazione bene”) dovrà essere indicato il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”, mentre “il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale. Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno”.

I principali dubbi sulla risposta dell’Agenzia
Il documento in esame assume particolare importanza poiché chiarisce la posizione dell’Amministrazione finanziaria sulla rilevanza delle criptovalute ai fini degli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dal decreto legge n. 167/90, prevedendo per tutti i soggetti che detengono in generale criptovalute al di fuori del circuito degli intermediari residenti, l’obbligo di monitorare detti investimenti nel quadro RW della dichiarazione dei redditi stante l’inclusione, come precisato nella circolare n. 38/E/2013, delle valute estere tra le attività finanziarie estere.

Una prima conseguenza di questa posizione purtroppo non chiarita nella risposta dell’Agenzia è che dovrebbero essere esclusi dall’obbligo di indicazione nel quadro RW gli investimenti detenuti per il tramite di intermediari italiani. Inoltre, nell’interpello non è chiaro se possa applicarsi la soglia di ammontare massimo di giacenza registrato nel corso dell’anno, (15.000 euro), il cui mancato superamento comporta l’esonero dal monitoraggio di conti correnti e depositi bancari.

Conclusioni
La mancanza di una specifica regolamentazione delle criptovalute genera incertezza circa l’obbligo di compilazione del quadro RW anche se il contribuente può comunque indicare dei dati ai fini del monitoraggio. Per contro, stante l’elevato grado di incertezza normativa sulla materia, l’Agenzia delle Entrate conclude a favore dell’inapplicabilità delle sanzioni che dovessero derivare da comportamenti difformi da quelli individuati come corretti, posti in essere dai contribuenti negli anni passati.

Massimo D’Amico – Fisco 7