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Patteggiamento con il Fisco, le ultime novità dalla Cassazione

Patteggiamento della pena per i reati tributari: la Corte di Cassazione ha affermato un principio fondamentale nel caso di omessa o infedele dichiarazione fiscale.

Con la sentenza n. 47287 del 21 novembre 2019, che ha accolto il ricorso della Procura di Firenze, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che prima di patteggiare la pena per i reati di infedele o omessa dichiarazione il contribuente deve pagare l’intero debito con il Fisco.

Nel caso di specie, un contribuente, in qualità di legale rappresentante di una società, era stato indagato per il reato di omessa dichiarazione dell’Iva, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n.74/2000. L’imposta evasa ammontava a 167 mila euro.

Per il reato di omessa dichiarazione fiscale è prevista la pena da un anno e sei mesi a quattro anni di reclusione. Pena che il contribuente aveva patteggiato con il giudice, ma senza aver versato l’imposta dovuta né aver aderito alla procedura del ravvedimento operoso.

Per questo motivo, la Procura ha presentato ricorso, vincendolo. I giudici della Cassazione, infatti, hanno stabilito che l’adempimento del debito tributario è una condizione necessaria per accedere al rito premiale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, cd. patteggiamento, di cui dell’art. 444 cod. proc. pen.

Del resto, l’art. 13-bis, D.Lgs. n. 74/2000 è chiaro: “Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”.

Pertanto, la deroga all’integrale pagamento dell’imposta, prevista dall’art. 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, non riguarda i reati di omessa o infedele dichiarazione bensì una delle ipotesi previste dall’art. 13, commi 1 e 2, dello stesso decreto, ovvero quando ricorre una causa di non punibilità.

Per i reati di omesso versamento di ritenute e Iva e di indebita compensazione dell’imposta, di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater D.Lgs. 74/2000, il pagamento, comprensivo di sanzioni e interessi, effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado estingue la pena perché viene meno l’elemento oggettivo del reato. In mancanza di pagamento entro questo termine, il contribuente può comunque patteggiare la pena in seguito.

Non così, invece in caso di infedele o omessa dichiarazione. La differenza sta anche nella gravità dei tipi di reati a cui si applicano pene differenti. Per i reati previsti dagli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater D.Lgs. 74/2000 la pena è la reclusione da sei mesi a due anni. Mentre per i reati di infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000) e di omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000), la pena è la reclusione rispettivamente da uno a tre anni e da un anno e sei mesi a quattro anni.