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Taglio cuneo fiscale in busta paga: due ipotesi per il governo

Compatibilmente con le esigenze della legge di Bilancio 2020, il primo obiettivo del governo M5s-Pd resta quello di abbattere il cuneo fiscale ed aumentare il netto in busta paga ai lavoratori dipendenti. Coi paletti europei e la necessità di reperire risorse, l’orizzonte potrebbe essere triennale, come ha lasciato intendere il ministro dell’Economia Gualtieri.

Per il primo anno, dunque, in legge di Bilancio si potrebbe dare un primo segnale d’avvio del percorso, e il taglio del cuneo fiscale potrebbe essere spalmato in maniera crescente nell’arco del triennio. Per la platea potenziale si ipotizzano due soglie di reddito, fino a 26mila euro o fino a 35mila euro. Nel primo caso, sostanzialmente verrebbe confermata la platea che già percepisce gli 80 euro del governo Renzi con l’aggiunta degli incapienti.

Due ipotesi sul tavolo

  • Credito d’imposta
    Per gli incapienti, al di sotto cioè gli 8mila euro, la detrazione agirebbe sotto forma di credito da incassare in sede di dichiarazione dei redditi o di conguaglio annuale da parte del sostituto d’imposta. Stando ai primi calcoli, tenendo l’asticella entro i 30mila euro di reddito, il costo dovrebbe attestarsi sui 5 miliardi l’anno. Alzando la fascia di reddito a 35mila euro verrebbero inclusi, oltre agli incapienti, anche quanti sono stati tagliati fuori dal bonus di 80 euro.
  • Taglio secco degli oneri
    Per un contratto a tempo indeterminato si versano il 33% di contributi, 24% a carico dell’impresa e 9% a carico del lavoratore. Si agirebbe riducendo la quota a carico del dipendente, considerando che un punto di cuneo in meno su tutti gli occupati stabili costerebbe circa 2,5 miliardi, senza alcun aggravio burocratico per le imprese.
  • Costi
    Il problema, e dunque la probabilità che l’intervento venga ‘spalmato’ su un triennio, sono sempre le risorse. Occorre trovare già 23 miliardi per sterilizzare gli aumenti dell’Iva, altri 2-3 miliardi per le spese indifferibili, e per la copertura dei rinnovi contrattuali di pubblico impiego, scuola e università servono complessivamente circa 5-6 miliardi.